martedì, agosto 29, 2006

DOMENICA 20 AGOSTO

Fuori Atene, dentro Patrasso

Risveglio e doccia gelida.
Colazione in un bar dove riusciamo ad assistere anche ad un tipico ciocco in macchina ateniese. Prendiamo un taxi per la Plaka (giassai: il primo ha detto di no, il secondo ha detto di si ma era meglio di no). Nel nostro giretto-souvenir acquistiamo degli orecchini uguali con la “greca lunga vita” e, soprattutto, proviamo il famoso mastice (esperienza che non ha procurato particolari emozioni papillo-gustative ma ci ha permesso di dire per la milionesima volta: “e anche questo è flaggato”).
Al ritorno arraffiamo un altro taxi. Stavolta il tipo parla inglese e non fa storie. Porta noi e i valigioni di piombo alla bus station (100 Kifission Street, phone +30 210 5124910 terminal A).
Mangiamo un magnifico “Golden Sandwich” che ha lo stesso genoma dell’ “Happyend” però ha un nome un po’ più autocelebrativo.

Dal tragitto in bus in poi la nostra autonomia tra un pisolo e l’altro è molto breve. Del viaggio in pullman ricordo solo che un gruppo di italiani ha cercato di fotterci l’acqua, che una donna greca ha cercato di comunicare con noi invano e che ho ciondolato tutto il tempo tra lo schienale e il bracciolo.

Patrasso adorata.
Gli zaini ci sovrastano. La nave attraccata in porto ci sembra lontanissima. Ma in un modo o nell’altro riusciamo a salirci sopra.
Ci posizioniamo subito nel settore “giovani” e c’è da dire che il quantitativo di zingari a sto giro è abbastanza esiguo. Anzi, a dirla tutta su questa nave non c’è un cazzo di nessuno.
Quasi.
Alla nostra destra collettivo di disubbedienti e grandi bestemmiatori, alla nostra sinistra cumpa di Trento rollatrice di tabacco e incarnatrice dello stereotipo “baldi campeggiatori spiantati e finto-selvatici”.
Giunta l’ora della cena io saluto la Grecia e la città di Igoumenitsa con l’ultimo souvlaki.
Ben presto però, il nostro indugiare sui ricordi della vacanza, viene interrotto dalla cumpa dei campeggioni.
Avevamo appena scoperto che l’ouzo della mamma di Manos non era ouzo ma grappa (come biasimare del resto quella signora, se avesse detto grappa in greco ci avrebbe levato la soddisfazione di aver capito almeno una frase del suo monologo), che i campeggioni ci offrono un tot di bottiglie di retzina. E sparano un sacco di stronzate.
Durante la nostra conversazione:
- discorsi immancabili sul pensiero uomo/donna
- sull’astrologia
(Silvia: “L’uomo del toro è di solito uno stronzo. Tu di che segno sei Daniele?”
Daniele: “Sono del toro e sono uno stronzo”)
- sul cibo greco
- sul senso della vita
Io che dovevo tornare sul jet privato di un armatore mi ritrovo a colloquiare con un giovane ubriaco che:
- vuole farmi conoscere le meraviglie della vita in campeggio
- vuole insegnarmi a tutti i costi a rollare una canna a bandiera
- dopo due minuti mi tira un infradito, ma “così, per ridere”
- dopo cinque minuti mi dice “perché sai, io ti voglio bene”
- dopo dieci minuti mi fa una scenata di gelosia

Aggiunta della Silvia: “La Falci, invece, viene molestata dall’uomo del toro, nonché ingegnere, che le fa delle domande assurde (con accento trentino) tipo: “leggi? (pronuncia: “lezzi”) cosa leggi? hai conosciuto tanta gente in Grecia? In modo attivo o passivo?”

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