martedì, agosto 29, 2006

GIOVEDI' 17 AGOSTO

Naxos (“tanto gentile e tanto onesta Paros, l’isola mia quand’ella altrui saluta…”)

Ciancicati e con notevoli borse sotto gli occhi appuriamo che la sveglia suona.
In breve tempo realizziamo di essere in campagna.

Nota per l’ex alpinista fanatico dei cori montani: nonostante Mr Planet ci avesse stuzzicato ieri con la descrizione del paesino di montagna Lefkes e noi volessimo a tutti i costi correre lì a mangiare polenta e capriolo, ricordo al viaggiatore sprovveduto che qui i rilievi non superano i 600 metri. E che ovviamente non ci sono i caprioli. E’già tanto se ci sono le capre.

Il vento soffia energico, il cane è ancora vivo (Licia Colò stai tranqui), i girasoli del giardino roteano al sole, lo Stridore ci aspetta davanti a casa.
Sfrecciamo a Parikia convinti che ci sia una nave ad aspettarci. Invece, come al solito, la nave arriverà con un’ora di ritardo.

Nota per l’ingegnere navale nato in Svizzera: sarà perché arrivano sempre così in ritardo che le navi ci mettono anche 2 minuti per scaricare e caricare macchine e passeggeri, rischiando un genocidio ogni volta?

Il mare è agitatino. La Cri vede bene di sboccare.
In quaranta minuti, tra uno sballonzolamento e l’altro, giungiamo a destinazione.

Premio Gino del giorno.
Mentre noi donne scendiamo chi le scale chi l’ascensore, pensando che il Ghezzi sia già padrone della situa e della macchina, ci viene un piccolo scrupolo e lo chiamiamo al cellulare. Non risponde.
In fretta e furia mi precipito di sopra verso le poltrone e lo trovo che dorme beato.
Lo sveglio con vigore (ma sotto sotto penso che sarebbe veramente stato esilarante se al risveglio si fosse trovato a Santorini. Da solo.).

Naxos è più grande di Paros. E fin qui ci siamo.
Ma ciò non significa che abbia da offrire molto di più. Anzi.
Seguendo uno dei tanti consigli di Mr Planet (che d’ora in poi verranno presi meno in considerazione visto che molto spesso sono abbastanza inaffidabili), ci dirigiamo verso una spiaggia chiamata Apollonia. Pare ci sia anche un fantastico esemplare di kouros a metà nei paraggi.
Tragitto stralungo in cui rischiamo perfino di esaurire tutto il repertorio di canzonette italiane che sappiamo a memoria. Il paesaggio è aspro, le baie molto belle ma assai poco invitanti in quanto scogliose, battute dai cavalloni e, ad un primo colpo d'occhio, irraggiungibili.
Ad Apollonia non troviamo la spiaggia o forse la troviamo ma non ci piace. Non si capisce.
Ci dimentichiamo anche di andare a vedere il kouros. Vabbè, tanto era a metà.

Lettera al Corriere: le distanze segnalate dai cartelli a Naxos sono deliranti

Optiamo per la seconda scelta.
Lo Stridore in salita va solo in prima. Il caldo diventa via via più insostenibile. La fame avanza e il mio verme Zorba fa le sue rimostranze. La radio greca è ufficialmente inascoltabile (senza passare per ingrata nei confronti del luogo che ci ospita, mi sento di dire che le canzoni sembrano tutte uguali, sono abbastanza tediose e con quel sapor mediorientale che invita alla danza del ventre ogni due per tre).
Giungiamo alla meta.
Spiaggia deserta, molto vento, onde alte.
Il ristorante on the beach ci offre moussaka e pastitzio. Unitamente ad un giro finale di metaxa infernale, che alle 4 del pomeriggio non è proprio un’idea della madonna.
Al sole del pomeriggio siamo così fighe che ci leggiamo l’ultimo numero del giornale gossipparo chiamato “Vip”(giusto per non fare la figura delle babbe quando al ritorno qualcuno ci vorrà informare delle ultime conquiste di Riccardo Mondo-Scamarcio).
Finita la session di abbronzature, prendo possesso dello Stridore, lo scarburo ben bene come so fare solo io e, da buona capo animatrice di contatto quale sono, mentre guido invito tutta la cumpa, flagellata da nausee e malditesta, a reagire cantando Gig Robot d’acciaio e Ken il guerriero.
Ho avuto anche modo di inchiodare perché non avevo capito che la strada principale si interrompeva bruscamente ramificandosi in due direzioni laterali (“e questo che cazzo è?”).
Ciao Ciao alla spiaggia di Abraham.

Premio salvate il soldato Jane: quando chiedo alla Barbara se anche lei ha mal di testa mi risponde, tenendosi la gamba fasciata: “Potrebbe anche darsi, ma in questo momento non saprei. Il corpo registra sempre il dolore più acuto.”

Arrivati alla città di Hora (il centro principale), io la Falci e la Silvia facciamo una perlustrazione tra viuzze in salita e viottoli in discesa.
Mi risulta impossibile recensire adeguatamente il capoluogo di Naxos in quanto la sensazione generale è stata quella di vivere una specie di sogno. Ma di quelli che di solito fai quando hai mangiato un po’ pesante. Per intenderci.
Dopo il centro città ci spostiamo verso il tempio di Apollo delfico. Delle rovine che non si capisce un tubo. Però, dietro l’unico frammento riconoscibile (la porta del tempio, quella che compare su tutte le cartoline), assistiamo ad un tramonto dai millecolori che mollami.

Sul traghetto del ritorno storie di mal di mare.
La Xamamina qui costa 50 centesimi ma pare che valga tutto il suo prezzo.
Scesi sulla terraferma, nella nostra Parikia adorata, io, l’unica graziata dalla nausea, faccio camminare le zie avanti e indietro, munita di sacchettini pronto-vomito presi a bordo.
Ovviamente l’idea di comprare dei biglietti per Mykonos per domani non sfiora minimamente tutta la cumpa con lo stomaco in gola.
Breve snack e poi a casa.
Ci sorridono i monti.

Seconda nota dedicata a Licia Colò: In camera causiamo l’estinzione del più grosso scarrafone esistente sul pianeta terra. Che, pensatè, stava soggiornando placido placido nella mia valigia.
Inutile dire che, d’ora in poi, per piegare i vestiti o cercare le mutande, verrà automatico usare guanti e tenaglie.

Fuori soffia un meltemi che levati. Rumore di vento tra le cose e le case, frusciare di piante.
Abbaiare di cane che è duro a morire.

Nb:. In serata sms-beffa venato di sadismo alla cumpa degli sbruffoni capitanati dall’Osculati:
“Se vi fidate di un gruppo di globetrotters di provata esperienza andate a Naxos e visitate la spiaggia di Apollonia. Affittate un quad per godervi paesaggi mozzafiato. Il mare è quello bello e la gente è quella giusta.”

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