martedì, agosto 29, 2006

MERCOLEDI' 16 AGOSTO

Ci sorridono i monti

L’orrenda sveglia suona alle 9.30.
Stamattina ci tocca l’ennesimo trasloco.
Stavolta abbandoniamo il mondo di Anna Platanou per finire praticamente in mezzo ai monti. Ci aspettano le due depandance molto greche e molto family-feeling rispettivamente della madre e della cugina di Manos (uno dei tanti surfisti del Santa Maria Beach Club).
La Falci e la Silvia trasbordano tutto il tot delle valigie dall’altra parte dell’isola.
Io e il Ghezzi facciamo compagnia alla Barbara che decide di fare un check al pronto soccorso di Parikia. Le fanno rifare una lastra giusto per essere sicuri che non ci sia niente di rotto. Del resto è il primo giorno che la Barby accusa dolori insopportabili.
In breve veniamo a scoprire con orrore che c’è una frattura al perone. Ecco il perché di questo dolore in crescendo. C’è da dire: che donna, che tempra.
Ma la frattura è composta. E molto educata.
Una volta riuniti facciamo un salto dal Loukis per cambiare la gomma di scorta. La sorella gemella della robustona numero 1 ci offre in dono una scatola dei favolosi dolcetti di Milos (non capiamo se, dopo tutti i danni causati, sia compassione o presa per il culo). Il nome esatto della delizia è irripetibile ma, così a orecchio, suona un po’ come “cagnotti”.
Ormai al Loukis siamo di casa (prossima volta: tè con i biscottini).
Come tradizione di Paros vuole, Dimitri appare all’improvviso al finestrino del nostro Atos. Poteva essere un’apparizione un po’ mistica non foss’altro che ci stava ricordando di passare da sua madre a saldare i conti. Quindi, dopo esserci fatti gonfiare le gomme da personaggio di una soap opera greca prestato al mondo degli pneumatici, torniamo al quartier generale.
La signora Anna: sottile ma evidente peluria sul volto (attenzione: è noto che le donne greche abbiano i baffi, ma noi ne abbiamo avvistate anche 2 o 3 con il pizzetto) e ascella infernale già alle 11 del mattino.
Paghiamo e poi lunghissimi convenevoli (stay beef vecchia che io e la Cri ti abbiamo babbato due quadretti a punto croce…). Ci fa uno sconto di 10 euri e non ci fa pagare la prima notte. Io, nel frattempo, vengo a sapere con grande gioia che Valentina è un nome che esiste in Grecia ma è raro e abbastanza di nicchia. Eudaimonia!

Una curva di qua, un po’ di sterpaglie secche di là, una manciata di casine di qua, un asilo vuoto di là, giungiamo a Marpissa (necessario per imbroccare la giusta strada di casa, individuare punti di riferimento alternativi che non siano delle case, perché le case sono tutte identiche). La mamma di Manos non spiaccica ovviamente un vocabolo di inglese. Cominciamo a comunicare tutti con le mani ma non si capisce un cazzo lo stesso. Però la sciura è molto dolce, le camere molto pulite, la vista sulla valle color terra bruciata molto suggestiva.
L’unico difetto: siamo in culo a Zeus.
Però aggiungeremo alle nostre esperienze di viaggio anche quella di un soggiorno in una camera vera di una famiglia greca vera nella radura greca vera. Ed è tutto talmente greco qui che soffia un meltemi mai sentito fin’ora.
A tutta questa beltà si aggiunge un neo: un cagnetto farabutto che abbaia una cifra e in un modo acuto che si sopporta a fatica.
Io e la Silvia scopriamo che c’è una piscina sul tetto. E dunque il programma della serata è una cosa così:
- polpette avvelenate al cane
- bagno nudi in piscina
- cuba libre a bordo vasca
- musica a palla (roba da creare una serie di onde sonore che arrivino dritte dritte a far concorrenza al Teknival vicino a Pavia)

La spiaggia di Monastiri e le sorelle Abbagnale

Il ristorante della spiaggia ci regala l’assaggio della prima moussaka della vacanza.
Il cameriere, presa l’ordinazione, esclama: “Ummaronna, con chistu caldo!”.
In spiaggia (una spiaggia molto carina, abbastanza raccolta, beach volley in acqua) ci passa quasi la voglia di fare una nuotatina visto che bisogna camminare per chilometri prima che l’acqua sia ad altezza scapole.
Io e la Cri vediamo dei natanti di fortuna a nolo e ci scatta la fibrilla. Guarda caso non molto lontano dalla costa c’è una deliziosa isoletta deserta con una chiesa piccola e candida nel centro. Tutta da conquistare.
Organizzate e tecniche che neanche Mac Gyver, ci impossessiamo di un kayak, leghiamo le infradito a prua e infiliamo la macchina fotografica (ovviamente per documentare l’impresa agli scettici) in un enorme sacchetto di plastica.
Le donne della sfida partono alla volta dell’isola.
Rema di qua, rema di là, riflettiamo su cosa portare via dalla chiesetta, come trofeo da sfoggiare al ritorno. Dopo aver scartato vari paramenti ecclesiastici, inginocchiatoi, confessionali e crocifisso centrale, ci viene in mente l’idea luminosa di rapire il prete, legarlo, imbavagliarlo, caricarlo alla buona sul kayak ed esibirlo ai nostri amici una volta tornate.
Purtroppo vento e correnti marine non ci sono amiche e, nel tentativo di andare contro le leggi della fisica, io e la sorella di avventure Falcinella pagaiamo come dannate accompagnate dalla spiacevole sensazione di essere trascinate dalla parte opposta di dove vogliamo andare.
Con grande spreco di energie approcciamo l’isoletta che però, impervia e ostile, ha delle coste che non ci lasciano approdare. Decidiamo di optare per una baia non molto distante.
Parcheggiamo il natante e scopriamo un campo dorato, un meraviglioso mondo di balle di fieno, che si presta assai a fare da sfondo ad un servizio di noi due in pose ridicole.
Al ritorno veniamo accolte come due specie di eroine. Forse anche grazie al fatto che adesso facciamo emergere dal pareo due bicipiti imbarazzanti.

Nota per il fanatico dell’happy hour: bisogna sapere che quei meravigliosi beach bar vista mare, disseminati in ogni dove, non si sa come mai, chiudono più o meno verso le 8-9 di sera. Proprio quando hai voglissima di un cocktail sulla spiaggia. E’ una cosa che non ha molto senso visto che invece i mini market rimangono effettivamente aperti fino a notte fonda.

La cena con la cumpa dell’Osculati

Alle 21.00 giugiamo con lo Stridore al paesello di Piso Livadi (va da sé che non si è mai chiamato così, ma in tutti i modi possibili tra cui anche: Pisolino).
In una piccola agenzia viaggi la nostra vacanza svolta ancora.
Riusciamo a comprare dei biglietti per Naxos e a prenotare l’ostello del filosofo ad Atene.
Mentre svolgiamo tutte queste burocrazie io illustro a due viaggiatori milanesi sprovveduti le spiagge migliori di Paros (eh eh, adesso sì che siamo le regine incontrastate!).
Arriva la Silvia e scatta l’ennesima carrambata. Ovviamente uno dei due (l’Osculati) è un vecchio amico di famiglia.
Nb.: per rendere l’idea di quanto fosse milanese la scena, uno dei due uomini in slip da bagno ha estratto un biglietto da visita dal marsupio e io, da par mio, gli ho risposto “e adesso spe un attimo che tiro fuori l’agenda”.
Si aggiungono dei loro amici e con la cumpa milanese e sboroncella ceniamo in un ristorantino dal nome Primatsa (dove, è importante dirlo, la figlia del gestore si chiama Sunshine).
I quattro baldi ragazzotti millantano conoscenze eno-gastronomiche internazionali. Dopo aver sottovalutato la mia decennale esperienza di pulitura del pesce nel piatto, interrompo la loro autocelebrazione facendogli notare che se proprio gli fa così cagare il retzina e se hanno la puzza sotto il naso nei riguardi del cibo locale, non meritano di appoggiare il loro culo su suolo greco (brava Vale! Così si fa!).
Per sottolineare questa precisazione io e la Falci, che stasera è diventata anche ufficialmente sorella di bevute, ordiniamo una serie di bottiglie del vino resinoso in spregio a cotanta ignoranza.
Per la serie “tutto il resto è noia”, iniziano i soliti discorsi alcolici su cosa pensano le donne/cosa pensano gli uomini. Noi siamo anche un po’ stufe di ascoltare le cagate prodotte da menti standard maschili.
Simone all’inizio si emoziona un po’ nel parlare con gente del suo stesso sesso, poi anche lui si scogliona, ormai completamente assuefatto dagli ormoni femminili che sta cominciando a produrre, soddisfatto dai segreti preziosi che è riuscito a carpire da noi in questi giorni, convinto che è capitato nel gruppo in assoluto più avanti e over the top che esista.

Nota dedicata a Licia Colò: sulla strada del ritorno, nel tentativo di evitare un animale, molto probabilmente ne abbiamo tirato sotto un altro.
Cri: Barbara, giura sulla tua testa che non l’abbiamo tirato sotto
Barbara: Lo giuro sulla mia gamba
(e dopo questo giuramento, abbiamo tutti il presentimento di averne schiacciato uno)
Il cagnetto fastidioso stasera non si è sentito abbaiare. Devo ancora capire chi è quel genio che lo ha abbattuto prima della somministrazione delle nostre polpette al curaro.

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