



foto 1- il noleggio moto/auto di fiducia
foto 2- spiaggia di Krios
foto 3- massaggio
foto 4- non fare domande
Finalmente siamo in cinque
Ore 8.30, Falci: - Sento un rumore di trolley provenire da fuori…
E il trolley è di quei due bastastardoni che ci hanno raggiunte a Paros con un aereo.
- “aereo” (parola piena di vocali stronza che, pronunciata da due che ne hanno preso uno, fatto un viaggio di due ore che li ha “stancati”, è ancora più stronza)
- “nave” (parola un po’ più breve, sicuramente più poetica e musicale)
Barbara e Simone si insediano nel nostro bell’appartamento dalla vista splendida e ci raccontiamo le vicissitudini reciproche (che comprendono il racconto della nostra odissea via mare e il loro resoconto del concerto di Madonna a Roma).
Dopo poco tempo ai nostri motorini, per volere di Barbara, si affianca un quad (roba molto balneare). Andiamo tutti a Parikia a fare colazione nel posto delle centrifughe fighe (Mikrocafè) dove io e la Falci, con un cappello uguale e una spilla uguale (“I’m a Samantha”) ci uccidiamo con un chilo di scrambled eggs.
Nota pratica per il fanatico della centrifuga: se ne ordini una con il miele tieni presente che il miele prima o poi intasa la cannuccia.
Paradiso Beach Club di Krios, ore 16.00
Con i nostri bolidi da gara, precedentemente parcheggiati di fronte all’abitazione di Nostra Signora Anna Platanou di Paros (cosa che fa molto “amici della cupola”), ci dirigiamo verso la prima spiaggia segnalata dalla Lonely Planet (Krios, dopo il porto di Parikia).
Dopo aver percorso una suggestiva spiaggia litoranea (splendida vista, no pecore, un mulino, due piccoli dolcissimi ecomostri, casette bianche stavolta con porte color glicine, baiette e insenature finalmente di quella tonalità acquamarina che stavamo agognando), finiamo prima per errore in un campeggio e poi dritti sparati al Paradiso Beach Club di Krios. A parte qualche ciccionazzo dalla carnagione imbarazzante , il people-level comincia ad alzarsi sensibilmente. Ovviamente quello che ci attende è un ritmo fatto di bagno-tzaziki-bagno-tzaziki, mentre la musica del baretto spazia dalle Destiny’s Child al Vasco Rossi locale con una facilità preoccupante.
La Silvia ha un bikini bianco con un pezzo sotto fantastico che recita dall’alto dei suoi preziosi strass: “just married”. Ci siamo interrogate un po’ sulla cosa. Ma la vita comincia a scorrere liscia e felice quando finalmente smetti di chiederti.
Io e la Falci cerchiamo intanto di contare a spanne la distanza Paros – Antiparos e di fare un approssimativo calcolo in scala 1: nonsocosa.
Storie di massaggi in spiaggia.
La Silvia, dopo contrattazione del prezzo a mezzo cifre disegnate sulla sabbia, decide di farsi manipolare da un figuro molto probabilmente thailandese (tagliamo corto: asiatico).
Ognuno dei due parla nella sua lingua e, mentre l’uomo dagli occhi a mandorla la pastrugna con gli olii, si evince dalla piega che ha preso la sua bocca che ne sta traendo beneficio.
Intanto i due che “poverini” hanno fatto un viaggio in aereo si godono la loro dormitina (uno dei due ha la sedia del baretto tatuata sulla schiena perché ha mangiato con le terga al sole).
La Silvia fa “ok” con la mano e noi capiamo che ciò che il tizio le sta facendo è buono.
Due minuti dopo però passa alla parte più traumatica: mazzate sul fondoschiena e alla base della colonna vertebrale (ci andiamo ad assicurare che non sia necessario un trapianto di reni). Poi il cinese la fa sedere e con un colpo sordo le percuote la schiena.
Lei urla: - Adesso sputo un polmone!
Quando le dico che puzza di balsamo tigre lei ci preme ad assicurarmi che quello non è balsamo tigre ma qualcosa che sta avendo lo stesso effetto sulla sua pelle dell’acido muriatico.
Invidiosa del massaggio appena ricevuto, invito colei che ne ha appena beneficiato di ripetere le stesse mosse sul mio corpo provato da giorni di zaino, pavimento, motorino.
Insomma: in men che non si dica parte una session di massaggi reciproci tra donne, molto lesbo chic. E con la sabbietta unita alla crema è compreso anche lo scrub.
Finito il reiki inventato la Falci acquista un pacchetto di patatine tossiche al gusto “cocktail di scampi”. Dal baretto ci deliziano con impagabile reggaeton.
Nota per il viaggiatore sprovveduto: La spiaggia di Krios ci è piaciuta. Goletta verde assegna quattro bandierine.
Riepilogo rimorchi: nessuno a parte un toscano repellente con ciuffo riccio e ossigenato (uno solo) sotto l’orecchio. L’unico modo per non pensarci è fare dell’ottimo tai-chi inventato (il saluto al sole della Barbara è memorabile).
Il sole tramonta e chissà come mai, in un punto a caso del giorno, ci ritroviamo sempre ad avere l’aspetto di profughi. E stavolta c’è pure un profugo che è meglio se si copre la schiena.
La Falci, il ferraglia e un muro
Prima uscita di sera in cinque. Belli come il sole, con quel discreto velo di abbronzatura che non guasta e quel tocco di rimmel che non fa mai male, scendiamo le scale di casa e ci apprestiamo a prendere possesso del nostro parco motorini. Alchè ci si propone una delle scene più ilari di questi giorni.
“E’ inutile guardare nello specchietto retrovisore se arriva la Cri, tanto quando arriva lei prima senti un rumore metallico e poi segue il motorino”
Punto di vista esterno:
La Falci cavalca il suo Ferraglia (trabiccolo dall’insopportabile clangore metallico).
Avevo precedentemente avvertito che il posto della “manovrina” era molto pericoloso visto il poco spazio disponibile per domare in modo soddisfacente i mezzi del Loukis noleggio.
Io stessa, di pomeriggio, mi sono scagliata con il Ferraglia contro un muretto all’uscita della spiaggia senza sapere bene il perché. E la Cri aveva pure fatto un po’ la figa (“Ma no, vedi, è che schiacci di qua, tiri di là e bla bla bla).
Non esiste un perché. Il perché risiede tutto nel mistero del Ferraglia.
Inforcato il suo motorino posseduto, la Falci, da ferma qual’era parte con un rinculo violento e dopo due metri a velocità folle si stampa contro il muro davanti.
Attenzione: mentre il motorino gira ancora a mille, lei urla con una gamba alzata e nessuno capisce cosa cazzo stia succedendo.
Punto di vista mio:
Tutta intenta ad allacciarmi un casco assurdo ad un certo punto mi giro e vedo questa scena a 5 metri da me.
- Falci sopra un motorino al massimo dei giri consentiti che però ha la ruota anteriore contro il muro
- Urla lancinanti, rumore di ferraglia e di motore impazzito
- Facce intorno perplesse (che forse si stanno chiedendo dove cazzo vuole andare lei che è contro un muro, perché urla così e soprattutto perché va così veloce da ferma)
Nessuno si capacita della cosa e, impietriti dalla scena, nessuno alza un dito per aiutarla.
Risultato tra le risate generali: due ottimi e giganti ematomi violacei nell’interno ginocchia
Epilogo motorini (oppure, che è decisamente più esplicativo) Mind the gap
Dopo questa sequenza degna di un Vanzina ubriaco, ci dirigiamo vento in faccia e tipo carovana di nomadi verso quella località del nord (piena di “divertimenti” ci dicono) che ognuno di noi chiama con un nome diverso e che quindi da un certo punto in poi verrà identificata solo con la parte finale del nome: Ussa.
Serata tiepida, profumi buonissimi di macchia mediterranea, intercettazione di case nababbe che ci fanno sognare per un po’, serenità generale ottenuta grazie ad una giornata di mare figo. Troppo bello per durare.
Va bene che il quad dove barcollano Barbara e Simone è lento, però ad un certo punto li perdiamo di vista. E ad un altro certo punto scompare dallo specchietto retrovisore anche la divina immagine della Falci sull’orrendo Ferraglia.
Mentre io e la Silvia ci fermiamo, vuoi per aspettarli, vuoi per capire bene l’esatta direzione di Oussa (è buio, non ci sono indicazioni e quello a cui chiediamo informazioni e che abita a Oussa non capisce un cazzo e forse non sa nemmeno come si chiama), riceviamo una telefonata-shock dalla Cri: - Eh niente, il mio motorino non si accende più, Barbara e Simone sono indietro, sono caduti dal quad e sono già su un’ambulanza”.
Proviamo per un secondo a fare mente locale ma la mente è tutto fuorchè in loco.
Quando finalmente tutte e tre ci ritroviamo sul bordo di una strada praticamente senza illuminazione, di fianco ad un cartello della Coca-Cola (unico punto di riferimento in un luogo dove, giuro, non sono mai esistiti punti di riferimento), torniamo sui nostri passi, e cioè a Parikia.
Ahhhhh (sospiro di godimento)…cosa c’è di meglio dopo una giornata di mare figo di una bella, che dico bella, splendida serata al pronto soccorso?
Niente, appunto. E quindi tutti al pronto soccorso.
Seratona al pronto soccorso, ore 23.00
Improvvisamente tutte le belle immagini notturne romantiche e dispensatrici di allegrezza vengono in men che non si dica scansate dalla visione di Barbara su una sedia a rotelle con un polpaccio grande come una zampogna. Il tutto illuminato da luce al neon.
Dopo aver accertato l’assenza di fratture la Silvia sventola delle lastre ed esclama: - Queste sono le vere foto delle vacanze!
Non oso nemmeno immaginare uno slide show al ritorno della vacanza, parenti e amici convenuti, della tibia di Barbara.
Dunque: la cafonaggine delle donne di Paros viene ampiamente superata da quella dello staff medico del pronto soccorso. Non solo non viene fornito alcun servizio di prima assistenza (chessò un bicchiere d’acqua, una pacca sulla spalla) ma (dal momento in cui veniamo trattati da italiani anche in Grecia e questo, lasciatemelo dire, è veramente mortificante) qualcuno si assicura anche che non rubiamo la sedia a rotelle.
E’ pur vero che risulta essere un mezzo di trasporto inedito e non ancora esperito però, come la Falci sottolinea ad un certo punto: - Cos’è, hanno paura che la fottiamo per vederci la tele seduti sopra?
Intanto Simone, zoppicando, va a sbrigare le burocrazie al comando di polizia
Dinamica dell’incidente:
Perdita di controllo del quad che va fuori strada, si imbatte in un cumulo di sassi e subito dopo in un piccolo fossato. Tuffo carpiato di quad e passeggeri.
Dalle testimonianze emerge che:
- nonostante delle persone fossero presenti sul luogo del delitto, nessuno s’è degnato di dare una mano ai nostri due malcapitati completamente ricoperti da un quad (però, mentre uno levava un piede incastrato nella ruota e l’altro si toglieva il manubrio dall’orecchio, pare che qualche anima pia abbia offerto dell’acqua da bere)
- la domanda più intelligente che ha posto la polizia, giunta in seguito, dopo “siete fidanzati?” e “vi siete drogati?”, è stata: “siete cattolici?”.
Al comando, il capo assoluto della polizia (che si fa la barba solo da un certo punto in giù), parla solo cinque parole di inglese e quando fa le domande e non capisce la risposta si incazza.
Mentre la Silvia controlla che qualcuno si degni di assistere Barbara al pronto soccorso, Simone ha a che fare con uomini in divisa incapaci di intrecciare un dialogo sensato, io e la Falci sfrecciamo a casa a prendere i documenti. E poi ci imbattiamo in un farmacista tipo curandero brasiliano che, con tono alla Jodorovsky, prescrive posologie in antitesi con i medici in prima linea dell’ospedale e che, in un italiano piuttosto inquietante, dice: - E dopo tutto questo portate qui la vostra amica che la ricoveriamo con dell’arnica.
Accompagnamo i due zoppi ad un tavolino di fast-gyros, riportiamo la sedia a rotelle (pizza e mandolino si, ma non mafia che smercia mezzi di locomozione per handicappati, per piacere) e ci avventiamo su una cipollata indegna con un po’ di gyros dentro.
Lasciamo schifati gli altri motorini parcheggiati in piazza e chiamiamo un taxi, guidato dalla donna più mastella che l’etnia greca potesse produrre, che ci riporta a casa.
Una volta giunti a destinazione riflettiamo sul fatto che non ci lasciamo sfuggire proprio nessuna emozione.
Polpaccio girl e caviglia man si addormentano imbottiti di Nimesulide.
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