martedì, agosto 29, 2006

SABATO 12 AGOSTO









foto 1- spiaggia di Pouri a Koufonissi
foto 2- Barbara e Lara
foto 3- mare Koufonissi/1
foto 4- mare Koufonissi/2
foto 5- mare Koufonissi/3
foto 6- viaggio di ritorno in tutta scomodità
foto 7- Ernesto Sparalesto

Koufonissi (mare bello, facce simpa e gente inutile)

Levataccia all’alba con tanto di canto di gallo incorporato.
Mentre al porto aspettiamo la nostra nave Romilda (chiamata ovviamente in venti modi diversi, tra cui: Ubalda) che viaggia con un ritardo spaventoso, incontriamo Dimitri (anche lui ha momentaneamente cambiato nome ed è diventato: Vladimir). Sul pulmino “aziendale” e con aspetto da risacca del giorno dopo ci fa sapere che non è mai stato a Koufonissi (se è per questo non è mai neppure stato a Naxos che è ben più grave).
Gli chiediamo se ha delle camere disponibili per i prossimi giorni, dal momento in cui noi ci siamo premurati di pararci il culo solo per una settimana. Ci risponde spiacente che si, che ha qualcosa ma che quel qualcosa è abbastanza caro: - Because the fifteenth and the sixteenth are very nice days here, FUOCHI AND FIESTA.

L’Ubalda è un traghetto che con 4 fermate ci porta a destinazione.
Nota per il viaggiatore sprovveduto: non fate come noi e pagate il biglietto fino a Naxos, tanto è rarissimo che controllino il biglietto anche all’uscita
Appena saliti ci impossessiamo di una serie di poltroncine superscomode e ci addormentiamo, nessuno escluso, di sasso come previsto.
La nostra meta del giorno è una piacevole isola dalle incantevoli piccole baie, con il mare più bello e cristallino visto finora. Abbastanza spartana e assolutamente priva di luoghi di ricettività per il turismo di massa, ci regala una giornata in spiaggia degna di nota.
Ad attenderci al porto ci sono Barbara e Lara che ci ciceroneggiano alla scoperta dell’isola.
Ancora un po’ storditi dalle 4 ore di traghetto finiamo a prendere uno snack nell’unico locale artefattissimo, miami-style, che oltretutto è vivamente sconsigliato a chiunque non abbia da perdere almeno 3-4 ore per aspettare ciò che ha ordinato.
Veniamo serviti al tavolo da giovane ciccionazza greca con faccia e fare da tonta.
Simone giustamente osserva che il locale dove siamo capitati è molto probabilmente una copertura di narcotrafficanti è che la tonta in realtà è intelligentissima ma recita questo ruolo dal momento in cui è reduce da un master in Colombia.
Tempo di attesa per una serie di club sandwich: un’ora e un quarto.
Dopodichè ci dividiamo: alcuni vanno su un taxi d’acqua (quello che viene molto romanticamente chiamato caicco), alcuni a piedi. Ci ritroviamo dopo circa 40 minuti sulla spiaggia di Puri. Tutt’intorno una specie di deserto.
Scesi dal natante di fortuna alcuni italiani fanno presente: - Sembra uno sbarco di profughi di guerra
Ovviamente ci accorgiamo troppo tardi di esserci posizionati di fronte alla nudista più imbarazzante di tutte le Cicladi (subito soprannominata Backed Potato) (mi rifiuto di raccontare cosa abbiamo visto perché a tutto c’è un limite, ma chi fosse interessato ad una descrizione esaustiva può tranquillamente contattare la Falcinella che sarà lieta di fare un breve resoconto della tipa).
Non ci facciamo mancare la nostra serie di immersioni e di nuotatine al ritmo di “Polloooon…”. Dopo una nuotata con gli occhialini, tra gente in costume e gente chiappe all’aria, esclamo: “ma non c’è un cazzo da vedere!”
Falcinella: - Invece è proprio quello che c’è da vedere

Per il ritorno decidiamo di intraprendere la strada costiera. Ne valeva la pena.
L’unico neo è che la “passeggiatina”, vista la paura di perdere il traghetto per Paros, si trasforma ad un certo punto in una corsa alquanto trafelata.
Ma i greci, si sa, fanno un po’ quel cazzo che vogliono loro, e sul fronte ritardi non ci deludono mai.

L’Ubalda (people-watching e osservazioni)

Osservazioni al bar dell’Ubalda:
- I greci prima di servirti qualcosa di solito puliscono a lungo e con gran vigore degli oggetti a caso
- Ad una certa partono grandi bevute di quel famoso beveronazzo di caffè shakerato che nessuno di noi si è ancora degnato di provare
- Quando incontri qualche greco che non sa l’inglese e a cui hai posto una domanda in inglese, ti ritrovi di fronte ad uno sguardo fisso di sfida, seguito da mutismo. E tu non sai assolutamente cosa fare.
- Se ascolti un dialogo tra persone greche a dun certo punto hai la netta sensazione di aver udito, in mezzo a vocaboli arcani, anche qualche espressione in italiano ma dal senso assurdo. Invece sappi che quella è soltanto una tua allucinazione (io e la Falci siamo le regine di questo processo: l’altro giorno ascoltando la radio abbiamo udito distintamente cantare da cantante folk greco:
1. “a casa mia, davanti ad un furgone”
2. “tutti a Paros, Paros, Paros”
3. “lui me la sucava”
4. “ho la merda di traverso”
5. “ho fame” e “mignotta”

Dopo uno dei miei soliti giri di ricognizione sopracoperta torno nell’orrendo salottino dove tutti stanno cercando di dormire nelle posizioni più ridicole.
Sempre sulle orrendissime poltroncine superscomode disegnate da designer sadico e rivestite da tappezziere daltonico, Barbara è sveglia e cerca un po’ di compassione.
Mi indica il capo dei ciccionazzi di tutto il mondo che dorme a torso nudo, munito di villo ben distribuito e calzoncino militare da rappresaglia curda.
Barbara: - Questo qui scoreggia una cifra…!
Le propongo l’unica cosa intelligente da fare in questi casi, e cioè: spostarsi.
Barbara pronuncia un “tanto, ormai…” che non ammette replica.
Dopo un po’ Ernesto Sparalesto si sveglia tutto felicione con l’espressione di chi ha svuotato il serbatoio e ha dunque perso qualche centimetro di giro-vita.
Barbara è completamente narcotizzata dall’esperienza e con i capelli schiariti di un tono (potrà pure far credere in giro che è stato tutto merito del sole di Koufonissi, ma noi sappiamo che non è andata proprio così).

Decisione linguistica dell’ultimo minuto: Io e Simone abbiamo scoperto che la parola “parakalò” è una specie di passe-par-tout universale.
Funge da: ciao, buongiorno, arrivederci, bella lì, grazie, prego, pronto, noncèdiche, per piacere. E quindi la utilizzeremo ad ogni piè sospinto perché toglie da ogni genere di impasse, è molto figa da pronunciare e soprattutto per un po’ evita lo sguardo di sfida dell’uomo greco medio.
E’ un vocabolo da usare, insomma, come captatio benevolentiae.
E’ una parola che spalanca gli animi.
E noi l’amiamo.

Nota per lo smemorato di turno: ricordo che l’altra parola internazionale da usare in alternanza con “parakalò” è: “succhiamelo”.

E anche queste quattro orette di natante ce le siamo sciroppate.
Io non oso più guardarmi allo specchio.
Ogni tanto mi tasto il volto. E mi basta così.

La scoperta dell’acqua calda

Dopo giorni di docce fredde, Anna Frank, illazioni sul perché, ipotesi sul percome, illuminazioni folgoranti tipo:
“Secondo me il rubinetto dell’acqua calda è quello dell’acqua fredda eviceversa”
Oppure arrendevoli supposizioni tipo:
“Secondo me sono tutti e due acqua fredda e ci hanno inculato”
Con un po’ di nervosismo pensiamo seriamente di fare una telefonata a Dimitri e dirgliene 4.
All’improvviso, pensa ad una minaccia di qua, elabora un rinfaccione di là, buttiamo l’occhio su un contatore:
“Ti immagini se apriamo quello sportellino e scopriamo che c’è un bottone con scritto hot water?”
“Uahahahahah”
Risate generali.
Bene. C’è veramente un bottone con scritto “hot water”.
Per la felicità della Falci che neanche stasera ci ha risparmiato dalla “solita visione di Anna Frank”. E che, avendo fatto la doccia prima della luminosa scoperta, si è lanciata in una serie di improperi neanche troppo mugugnati.

I racconti del cuscino

Veniamo a sapere che la nuova morosa di Simone (parole sue) è: bassa, strabica, grassa e senza tette. E, ciliegina sulla torta: tromba male.
A seguire perplessità.
Però Simone ci tiene a precisare che lei è molto tenera e che come abbraccia lei non abbraccia nessuno.

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