


foto 1- miraggio
foto 2- la tenuta ufficiale del Ghezzi-cuciniere
foto 3- solita visione di Anna Frank
Antiparos: nudismo e rassegnazione
Dalla nostra reggia all’imbarco traghetti ci mettiamo veramente poco. Giunti a Pounda mettiamo culo e Stridore su un battello che in 10 minuti attraversa lo stretto (quello della sfida) e ci porta ad Antiparos.
A detta di sconosciuta greca l’isola è abitata da gente “di un certo spessore”.
A detta della guida scritta da Mr.Planet: “basta mettere piede su Antiparos per sentirsi subito pervasi da un profondo senso di serenità”.
Sarà ma, spessore o serenità che dir si voglia, la prima cosa che cerchiamo di fare appena approdati è un tuffo in mare (causa caldazza soffocante).
Traversata tranquilla, cielo sereno e limpido come sempre (nb.: ieri in spiaggia abbiamo visto l’unica piccolissima nuvola di questi giorni, che non ha avuto nemmeno il coraggio di coprire il sole).
Io e la Falci ci arrendiamo lentamente all’idea che probabilmente la sfida su mezzo di fortuna è da accantonare. Vorremmo evitare una scena di noi due alla “Cast Away”, portate al largo di Naxos da meltemi o correnti marine. O, alla brutta, sbranate da un branco di barracuda.
Con una foga inedita cerchiamo una spiaggia.
Girato un angolo, oplà, veniamo catapultati nel meraviglioso mondo del naturismo.
Tette, culi e membri maschili. Soprattutto quelli.
Quando poi ci rendiamo conto di essere in una specie di mini deserto e senza provviste d’acqua, Simone delinea uno scenario apocalittico.
Simone: - Quando moriremo di sete, i froci prima abuseranno di me e poi i nostri resti verranno straziati dai nudisti
Io, Barbara e il Ghezzi, con una serie di bracciate, raggiungiamo a nuoto la piccola isola di Despotiko. Una cosa proprio mordi e fuggi dopo aver appurato che l’isola deserta (dal nome che è tutto un programma) è molto probabilmente un ginepraio di vipere.
Corrente d’acqua spaventosa che ci sposta lateralmente in direzione di Paros.
E dunque: sfida con la Falci su canottino, ma anche no.
Simone: - Dai Vale, mettiamoci gli occhialini e andiamo a fare birdwatching!
Eh si, la gente di “un certo spessore” è anche di un certo esibizionismo.
Va da sé che, visto l’ambientino, i doppi sensi si sprecano.
Giunge camioncino-miraggio (pare che ad una certa compaia anche un diggei lì dentro) che ci rifornisce di acqua e viveri. Per il momento è rimandata l’ora in cui i nudisti faranno un barbecue a base di noi.
Barbara ad un certo punto si alza e va a parlare con un uomo nudo (con un piercing proprio lì). Lui la asciuga con una serie di discorsi in amabile inglese e la Falci, da filantropa qual è, decide di alzarsi per andare a salvare l’amica. Ma anche lei viene ben presto risucchiata dai discorsi del tizio. Io e la Silvia, riflettendo ad alta voce, constatiamo che devono essere argomenti assai interessanti per farle andare oltre al fatto che lui è ributtante e con della ferraglia infilata in un posto improponibile.
Mentre risuonano le insopportabili risatine delle due, dal sentiero che porta in questo mondo di vergogne all’aria, compaiono gruppetti di cicciobuzzicone, romanazzi con radiolona e panini con salciccia al seguito e una serie di balordi con capelli lunghi e ricci.
L’acqua in questo momento mi permette di sopravvivere.
Non so se sia un bene.
Però l’idea di morire qui tra cazzi e racchettoni non mi piace un granchè.
Veniamo a sapere che l’uomo nudo altro non è che un maestro australiano di reiki, sa leggere la mano e, per vie traverse, probabilmente anche il futuro.
Suggerisco alla Cri di prenderlo per il piercing e di trascinarlo qui subito.
Ma il nudista qui ci viene da solo, si presenta in australiano, tenta di fare un confronto che non abbiamo capito tra due Lonely Planet uguali e appoggia il suo culo nudo sull’asciugamano di Barbara.
Quindi io resto circondata, da un lato da una specie di mistico dell’Oceania senza costume, dall’altro da un gruppetto di greci capelloni a un centimetro dalla mia postazione.
Simone è sparito, come al solito in direzione di alcuni cespugli di rovi, dopo l’ennesima dose di Dolce Euchessina.
Alla mia sinistra ciccionazza con tette alla zuava che palleggia facendosi schiaffeggiare dai seni, alla mia destra uomini nudi con cappellino da baseball, nerchia ad uncino e braccia dietro alla schiena (una posa un po’ da nonno e un po’ da “come sto a mio agio nudo, cazzo!”).
In prossimità di una rete issata nel nulla parte un partitone uomini nudi vs. uomini con boxer.
Onde agevolare la minzione, sulla strada del ritorno facciamo tappa allo “splendido” Antiparos Camping e ne visitiamo la toilette.
Campeggio di metallozzi in rebbonza da ouzo, musica heavy metal che induce al pogo già all 5 del pomeriggio, insostenibile odore di merda mista a formaggio che aleggia nell’aria (già soprannominato: lo “Shit and Cheese Camping”).
Il viaggiatore sprovveduto è avvertito: niente tenda ad Antiparos a meno di essere fan accanito di Ozzy Osbourne ed avere occlusione al setto nasale.
Giro dell’isola con l’Atos-Stridore: non saprei che dire. So solo che ad un certo punto c’era una vista magnifica e che dopo ci siamo insabbiati con la macchina.
Il prossimo che mi dice che ci sono una cifra di pecore in Grecia lo contraddirò vivacemente. Del resto non c’è proprio un bel cazzo da brucare. E anche le poche mucche che circolano, probabilmente sopravvivono a suon di schiaffoni.
Pit stop allo Yannis Cafè, ore 18.00
Leggerissimo calo di zuccheri che mi ha portato definitivamente ad intraprendere una conversazione con il mio verme solitario.
- Che faccio, te lo calo o no questo hamburgher?
- Si, dai.
Il nostro amico Yannis possiede, oltre ad un baretto sulla strip di Antiparos city, anche un computer che viene venduto come “internet point”.
Barbara da dentro tenta di convincere Simone:
Barbara: - Simo facciamolo. Cinque minuti un euro.
(non riusciamo a capire se sia un buon prezzo o no per una sveltina)
Mentre sorseggiamo le nostre Pepsi on the rocks chi ci compare all’improvviso?
Ricky, il tizio nudo con il piercing.
E mentre lui fa un paragone visivo tra il nostro look da spiaggia e il nostro look da drink, parte la perla della giornata:
Ricky: - Oh, you look very different!
Falci: - You too!
Sms della Giava:
“State trombando? Domanda del Satolli. Qui tutto bene! Voi dove siete? Avete trovato casa? Bacio, Ali.”
Sms di risposta:
“Scusa non posso dilungarmi. Stiamo trombando”
E mentre il pelato vizioso (la Falci suggerisce di chiamarlo schifoso, così si riassume il tutto) si allontana, ricompare Simone.
Abbiamo pensato tutte per un frammento di secondo che in realtà Ricky è la seconda personalità di Simone, dal momento in cui quando c’è uno non c’è l’altro e viceversa.
Sulla stradina si alternano giovinastri in tenuta balneare, vecchi fuggiti da gerontocomio tedesco e personaggi dall’inconfondibile folklore greco.
Simone mi mostra l’accendino con dotazione di pila che si è portato da casa. Fa bene ad esserne orgoglioso perché con cotanto gadget potrebbe immediatamente venir eletto capo-campeggio o capo-lupetto del meraviglioso Heavy Camping di Antiparos.
La fotta del traghetto all’agenzia: decidiamo, dopo lungo rimuginare, che la gita di domani si farà a Koufonissi. Dovremo rinunciare ad una notte di bagordi in vista di levataccia a ore 6 del mattino.
Cena a casa, trenini e maracaibo, ore 21.00
La cumpa dei festeggioni non si lascia intristire dalla mancata uscita serale. Inscena Spazio Petardo nella zona cesso-cucina-notte con danze pazze in costume da bagno, tra la doccia dell’uno e la doccia dell’altro (per il popolo della bellezza: Elvive Liss Intense non mi è piaciuto moltissimo, mentre il penultimo Badedas a destra vince su tutti).
Solita visione di Anna Frank in camera (la Falci avvolta in un asciugamano, intirizzita e immobile, capelli da pulcino spennacchiato, occhi spalancati che guardano un punto fisso nel muro).
Tra una stanza e l’altra si mixano irreparabilmente il profumo di crema passion fruit e tanfata di aglio.
Mentre vengo a scoprire che Simone è campione del mondo assoluto di ballo latino-americano (e io cintura nera di cazzate), sgamo con la coda dell’occhio la Silvia che spalma generosamente di maionese numero 20 tartine di pane.
Intanto mi viene suggerito di fare la capo animatrice-top della gamma di un villaggio. Ringrazio e declino l’invito, sapendo che potrò farlo solo quando avrò imparato a ballare adeguatamente la dancehall (Barbara farà da tutor). Devo dimenare le natiche, alzare la gamba e sorridere contemporaneamente proprio come fanno le smandrappate nei video di Sean Paul. E’ una missione.
Difetti e pregi dello scrivere stronzate su un quadernetto:
Difetti: Mentre mi arrabatto a registrare cagate nei momenti morti e nelle posizioni più scomode, mi perdo conversazioni strepitose. Alienata in un mondo di vocaboli cretini, sento risate di sottofondo e mi accorgo ogni tanto di essere elemento asociale completamente tagliato fuori dalla cumpa. E quando chiedo: “Cosa avete detto? Voglio ridere anche io!”, la risposta è di solito: “No, niente. Troppo complicato da ripetere”.
Pregi: Con la scusa di stare facendo qualcosa che, seppur idiota, appartiene al mondo delle lettere, c’è sempre qualcuno che cucina, apparecchia e sparecchia al posto mio.
Silvia: - Comunque a settembre io investo sulla Vale
Barbara: - Si, anche io la investo
Nota per l’esteta che non si lascia facilmente sfuggire le cadute di stile: La cena è stata gentilmente servita al tavolo da cameriera zoppa. Per piacere, la prossima volta facciamo star seduta Barbara perché la visione di una scionca che trascina gamba e piatti di spaghetti non favorisce l’appetito. E fa anche sentire un po’ in colpa.
Le molteplici mansioni di Simone. Uomo di casa e provetto cuciniere, tra le altre cose:
- Fa salire il livello della nostra immagine di italiani in Grecia, dal momento in cui, anche se non sono necessari, schiaffa sempre dentro ad una frase un “parakalò” e un “evkaristo” (così, giusto per essere cordiale e socievole con lo straniero)
- Ammazza scarafaggi e altre orrenderie
- E’ dotato di borsa frigo in cui custodisce bottiglia d’acqua per non farci morire di sete
- Snocciola citazioni a quanto pare tratte da un unico film. Con Leonardo Di Caprio.
L’approccione di classe A
Mentre mi fumo una paglia alla finestra nel tentativo di smaltire pasta con le acciughe e vino Meltemi (acquistato dal “nostro” Mariano Supermarket di Antiparos), involontariamente mi imbatto nella public relation più imprevista possibile.
Dico “ciao!” dal davanzale ad una tipa barcollante. Lei, prima confusa, poi tutt’a un tratto illuminata mi tende la mano entusiasta: “Oh my god! Hi! My name is Jenny, Jenny from London, how are you doin'?”
Rimango basita da tanta socialità.
Tra una presentazione e l’altra dalla finestra, invitiamo lei (la Jenny, 36enne sbevazzona) e lui (il Giuliano, 22enne calabro-australiano giovane e ben messo) a bere un glass of wine nella nostra taverna. Prima tentennano entrambi ma poi lei, da buona drunk inglese qual è, si lascia tentare dalla cosa e trascina lui nella di noi dimora. Parte mescita di vino bianco.
Dopo aver offerto due sedie condite da sottolineatura “this is italian hospitality”, lei si profonde in una serie di complimenti sul nostro look (“oh, you’re so stylish!”), nonostante ognuno di noi le faccia notare a turno che quello che sta apprezzando e considerando come capo di alta moda italiana in realtà è il nostro pigiama.
La Jenny ha una logorrea micidiale, però tra una cosa e l’altra riusciamo a carpire info utili per noi viaggiatori sprovveduti.
Dal discorso emerge che Santorini è molto bella ma le spiagge fanno cagare (addirittura lei dice che dopo un bagno in quel mare non vedi l’ora di farti una doccia “per levarti quella merda dalla pelle”) e che a Mykonos lei e il bel Julien hanno avuto divergenze sul divertimento (anche date dalla notevole differenza di età che intercorre tra i due).
Riferendosi al divertimento: “He likes it like that – (mano in alto) – I like it like that – (mano in basso)”.
Lui ogni tanto interviene per dire qualcosa ma viene prontamente zittito. La Jenny from the block c’ha un caratterino che mollami. In un certo senso noi ci sentiamo sollevati nel sapere che almeno due vicini di casa simpatici sono venuti a rallegrare l’amena proprietà di Anna Platanou. Ci dimentichiamo in un attimo dei frociazzi spocchiosi francesi, della coppietta spenta italiana e dei giapponesi con l’Atos uguale al nostro pargheggiato in giardino.
Ci lasciano i loro numerosissimi recapiti telefonici e rimaniamo d’accordo di sentirci domenica per organizzare una soireè a Noussa.
Prima di andare via ci dicono che hanno noleggiato un quad da Louki (“Louki is not lucky” facciamo presente noi) – e ovviamente sappiamo benissimo chi li ha mandati lì…- vorremmo dire tanto “mind the gap” ma ci limitiamo ad indicare le stampelle di Barbara. Molto più esplicative.
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