martedì, agosto 29, 2006

INTRO



Qui sotto trovate copiato il prodotto del mio lavoro estivo. In qualità di storyteller ufficiale della vacanza, ricordo a tutti i malati di mente che si approcciano adesso alla lettura di questa infilata infernale di proposizioni, che il tempo di lettura ad alta voce è stato cronometrato ed è: 2 ore e 45 minuti.
Auguri.



Nello specificare che:
- non proprio tutto è stato scritto, per ovvie ragioni di tempo e perchè anche io, del resto, ero in vacanza
- ogni riferimento a persone e cose non è per un cazzo casuale
- anche se in alcuni passi può sembrare che ci sia stato del livore nei confronti del mondo animale, e di alcune specie in particolare, non è stata inflitta nessuna violenza volontaria a nessun bipede/quadrupede (eccetto per lo scarrafone, e lì ci stava tutta)
ringrazio tutti coloro che, anche indirettamente, hanno contribuito alla stesura di questa pazzia.

Valentina

SABATO 5 AGOSTO




foto 1- Falci (con la moussaka avanzata dal rumeno)
foto 2- Angel Merda

Stazione centrale, ore 5.35

Panchina di marmo .
Intercettazione di dialogo tra madre, ex clubber che reca segni sul volto di tutti i passati divertimenti, e figlio piccolo, biondo e molto perplesso.
Madre: - Vedi, tra dieci anni ti scorderai completamente di questa vacanza a Cattolica con me e te ne andrai tutto contento ad Ibiza. Sinceramente, preferisci Cattolica o Ibiza?
Figlio: - Ibiza! Ibiza!
Madre: - Ecco, mi viene male se penso che venti anni fa ero io ad andare ad Ibiza e che adesso mi tocca fare le vacanze a Cattolica dove il mare ha il colore del piscio.

Sui vagoni del treno si è palesato il motivo di cotanta presenza di ragazzotti post-adolescenti, testosteronici e con occhiali da sole a fascia (unitamente ad un eloquio insostenibile). Il motivo di fondo è, molto semplicemente, che tra le fermate del treno vanno annoverate anche Rimini e Riccione.

La Cristina Falcinella è una delle poche donne al mondo ad essere riuscita a lasciare l’EX fidanzato (il Tenconi). Probabilmente (dico io) in vista di possibili bagordi greci.

“Sono povera con tre bambini senza casa e lavoro aiutate la mia famiglia con un poco di soldi per amor di Dio. Grazie. Dio vi protegga.” (Biglietto trovato all’improvviso sul mio zaino. Potrebbe tornarmi utile ma ho deciso di incollarlo tra le pagine del diario per scaramanzia)

Intanto sulle poltrone del treno si discute sul fatto che se una non tromba, non è lei che deve entrare nel mood ma è il mood che deve decisamente entrare dentro di lei.

Nota per il viaggiatore sprovveduto: Attenzione! Il bus 4/1 diretto dalla stazione al porto di Ancona porta ovunque tranne che nei pressi del porto. Onde evitare inutile schiacciamento di vertebre e/o compressione polmonare sarebbe bene munirsi di bagaglio leggero alla partenza. E non di un macigno pieno di canotte di piombo.

Porto di ancona, ore 15.00
Portacenere in rumeno si dice “sgrumiera”.

Nave trash in notevole ritardo sulla tabella di marcia. Ponte esterno brulicante di scarti umani provenienti dall’hinterland europeo e milanese. Queste presenze satellite della Comunità Internazionale, per la gran parte con denti rotti (o addirittura senza), baffi spropositati, fiatella d’aglio e ascelle ribellate come se piovesse, hanno occupato ogni più recondito anfratto di questo cargo (“battente bandiera liberiana”), dandoci però la possibilità di conoscere Angel Merda. Il nostro uomo-nave.
L’uomo rumeno villoso e spavaldo che stavamo proprio cercando.
L’uomo che ordina cibo al bar e che lo avanza al nostro tavolo.
L’uomo che si cambia per la piscina e che si infila un costume che più flaccido non si può. L’uomo che desidera (forse) acquistare i bracciali della Falcinella e che, alla risposta evasiva (“non lo so”) riguardo al loro effettivo costo, risponde con l’unica parola in italiano che veramente riesce a pronunciare correttamente, e cioè: “succhiamelo”.

Estratto di dialogo tra la Falcinella e il rumeno:
Rumeno: -Tu parla romano?
Falci: - No, Milano

Constatazione dell’ultimo minuto: il mare Adriatico è color piscio anche molto lontano dalla costa. Un giallo cianotico abbastanza inquietante. Forse le scorie di Rosignano Solvay si sono spinte ben oltre le più ciniche aspettative. O forse i bambini chiassosi, in vacanza sulla ridente riviera marchigiana, hanno fatto solo il loro sporco, molto sporco dovere.

Happyend Sandwich.
Se si decide di mangiare qualcosina, tutto sommato forse è il caso di muoversi un pelo prima che chiuda il self-service. E non un pelo dopo. Più che altro per non trovarsi ad acquistare gli ultimi 3 Happyend Sandwich che, con il loro sapore incerto e la loro gommosissima consistenza, assicureranno si una dolce morte, una morte lieta (come del resto suggerisce il nome), però fanno veramente cagare.

Il raccapricciante Angel Merda ha appena rubato la luminosa idea della Falcinella di stendersi tra una scarpa da tennis marcia e degli scarti di cibo (stiamo cominciando ad ambientarci).
La Silvia gli scatta una foto furtiva ma poi, indispettita, esclama: - Non so se la mia voglia di cliccare su “cancella file” resisterà fino alla fine della vacanza.

Io e la Falci ad un certo punto ci troviamo a considerare, rassegnate, che, forse, tra qualche ora, quando anche noi puzzeremo come capre, e l’unto fra i capelli prenderà il sopravvento sulla nostra persona, avremo proprio poco da fare le fighe residenti in un occidente civilizzato che fortifica il nostro ego.
Tra qualche ora il gap tra noi e l’universo zingaro sarà talmente minimo da rasentare lo zero.

E dopo aver esaurito innumerevoli divertissement da viaggio ed aver espletato bisogni fisiologici (espletabili su una nave di disperazione etnica, sia chiaro), qualcuna di noi tre, non ricordo chi, esclama sospirando: - Aaaaah…e un’ora di viaggio è passata!
Dovendone passare altre ventuno, ho il timore che Angel Merda, in tutta la sua possente rudezza e cafonaggine, possa tornare utile (la Falci, data la posa da viziosa che ha assunto per la sua pennichella, forse conosce anche il come).
Io, intanto, devo accantonare l’idea di scrivere “La più bella guida sulla Grecia che sia mai stata scritta” visto che non vorrei tornare pallida ed emaciata pur di annotare ogni stronzo avvenimento della vacanza. E’ vero che forse è più divertente che girare quel filmino che avevo in mente, però tra un resoconto e l’altro, è possibile che mi stia perdendo qualcosa di veramente fondamentale.
Tra le cose che sicuramente non mi sono persa vorrei intanto annoverare la postazione al piano di sotto dei "“professionisti del sesso di gruppo". Un apparecchiamento di materassini, sacchi a pelo e quant’altro, in vista di un’orgia collettiva a cui stasera non mancheremo di assistere.

“Se non sapete chi siamo, guardateci l’uccello. Siam di Cinisello, siam di Cinisello”

Perlustrazione sottocoperta, ore 17

Faccio un giro all’interno di questa nave che si propone essere superaccessoriata. Invece, nella zona intrepidamente intitolata “5th avenue”, mi duole rendermi conto del fatto che gli “shops”, tanto millantati dall’altoparlante, vendono, oltre a gadgets improbabili, una gran quantità di inutile merchandising di questa compagnia di trasporto che, appunto, ci trasporta. Il dramma è che si sono dimenticati l’edicola. Ed io adesso sono completamente tagliata fuori dalle vicissitudini amorose delle veline, dalle querelles ereditarie della ex monarchia pappona italiana, dal toto-topless della settimana.
Se questo drappello di avanzi umani è un affidabile campione di ciò che ci attende laggiù, io non mi freno dall’esclamare: “il gossip greco, ma anche no”.
Ma non c’è nessuno che si ribella a questo stato di cose? E’ mai possibile che nessun italiano si sia presentato alla direzione del natante minacciando di morte il capitano alla richiesta di una copia di “Eva 3000”?
Necessaria una lettera al Corriere.

Lo stupore mi assale quando scopro che, dall’altra parte del ponte esterno della nave, c’è tutto un mondo fresco e giovane che vibra.
Lo schiacciamento di vertebre e la conseguente mancanza di flusso sanguigno in direzione del cervello ci ha fatto scagliare gli zaini nel primo posto plausibile che ci si è presentato. E che dopo due minuti già non era più tanto plausibile. Ma ormai era già troppo tardi.
Il mondo fresco e giovane intanto ghigna beffardo, mentre parla lingue riconoscibili, veste abiti dai colori sgargianti, scherza e ride senza preoccuparsi della fame nel mondo, dei panini Happyend. Alla facciazza nostra che, invece, siamo dominate dalla preoccupazione che gli abitanti del nostro girone non gesticolino troppo nel parlare, sopraffacendoci con l’ascella.

Mi stendo sul mio sacco a pelo.
Volto la faccia a destra e, oplà, mi si para innanzi un piede. Di sconosciuto.
Falcinella (posseduta dall’ironia): -Volevi solo le ascelle? Dopo un po’ sai che noia…
Il piede è la goccia che fa traboccare il vaso. Ci spostiamo indignate dal parterre putrido al meraviglioso mondo dei giovani (dove un gruppetto sta sicuramente giocando a “merda” e lo si intuisce chiaramente dalle mazzate che tirano sul tavolo).

Sempre nave della speranza, ore 22

Le tre desperate passengers, nei loro sacchi a pelo inguainate, si apprestano ad abbracciare la notte. Sti cazzi. La musica dagli altoparlanti non vuole saperne di tacere, le lampade al neon illuminano a giorno, tutt’intorno febbrili preparativi di gente che va-gente che viene (da dove e per dove per Dio?). Tutti intenti a preparare giacigli scomodissimi (per quanto ci sia chi con una pompa stia affannandosi a gonfiare materassi che neanche nella suite di Briatore), oppure a rompere i coglioni in vario modo ma in egual misura.
Non so dire se sia la nave che vibra e oscilla oppure se sono io scossa dai fremiti dell’isteria da stanchezza.

Intanto il cellulare continua a propormi messaggi di benvenuto croati.
Ok, ho capito che voi in Croazia siete ospitali. Ma io sto andando in Grecia e vorrei dormire.
Pare addirittura che alla Falcinella sia comparso ad un certo punto un ridicolo “benvenuti in Islanda da Tim”. Ed è tutto tranne che l’Islanda qui. Giuro.

Si sa, il mare aperto è una zona fuori controllo, una zona di flussi, di onde impazzite che si incontrano nell’etere, nell’aere, nell’acqua. E dal momento in cui è pure una zona franca, sarò franca e fuori controllo anche io. Tra un po’ spengo il cellulare (dove adesso compaiono avvisi di chiamata di gente che non sento da vent’anni), mi alzo in piedi e comincio ad urlare insulti rigorosamente in italiano. Visto che le uniche due parole che so, e che qui intorno potrebbero comprendere sono:
-sgrumiera (portacenere in rumeno)
-gyros pitta (pietanza greca)
e non hanno di certo la stessa potenza fonetica del nostro inossidabile “vaffanculo”.

In attesa che sopraggiunga un sonno improvviso simile a coma, mi accorgo che intorno gli animi si stanno placando. Dunque mi riavvolgo nella guaina, mentre una pankastra birra-munita mi osserva con l’espressione più neutra e vuota che mi sia capitato di ricevere.
Scoprirò in seguito che quella birra era la mia che avevo avanzato dalla cena.

Il vociare (confuso si, ma in gran parte debitore ad un ceppo linguistico slavo-albanes-croato-greco-rumeno) si affievolisce di brutto.
La musica, puf, si è interrotta magicamente e non me ne ero neanche accorta.
Così ho evitato di sfoggiare sia il vaffanculo, sia il coltellino ad estrazione automatica donatomi dal papi.
Ma, comunque sia, ha da passà ‘a nuttata.

DOMENICA 6 AGOSTO






foto 1- il Pireo visto dalla nave
foto 2- il Pireo visto dal Boston's
foto 3- la Valenta alla stazione di Omonoia
foto 4- la Falci-pankastra

Superfast and furious

Notte tutto sommato pessima. Vuoi a causa del pavimento che ha irrimediabilmente ridotto la schiena ad un’asse di legno, vuoi per colpa di un simpaticissimo gruppuscolo di giovanotti francesi che ha cantato per tutto il tempo ad intermittenza (e che sarebbe stato un bene corcare di mazzate all’improvviso e violentemente).
Risveglio con un cappuccino che costa l’equivalente di un pranzo in un paese mediamente civile. Acquisto di cartina-lenzuolo della Grecia che ci ha fornito importanti delucidazioni sulla geografia dell’arcipelago che ci attende. Cartina-pregio che è appena stata prestata al sosia di Saddam Hussein.
Morale: qui tutta gente per bene. Zero facce brutte.

Angel Merda pare che abbia una cumpa. Stamattina lui e i suoi splendidi amici dal volto rassicurante hanno continuato le trattative per l’acquisizione del bracciale della Falcinella, intraprese ieri dal nostro. E, visti i gesti bruschi e i monosillabi, pareva proprio di stare in borsa. Comunque, che si sappia, la Falci non molla i monili.
Però l’Angel con quel suo fare un po’ boro e sprezzante, tipico della caparbia gioventù rumena, esercita un’attrattiva su di noi inspiegabile.
Unitamente ad un moto di schifo che si, che ci spieghiamo.

“Finish, finish, finish”. Questo è quello che il barman del discobar, addetto pure alla vendita di tickets di pullman, nonché scontrinatore pazzo, sa dire quando gli chiedi i biglietti per il Pireo. O, arrivate al porto, riusciamo a recuperarne tre, oppure dobbiamo entrare nell’ordine di idee di passare le vacanze in quel di Patrasso. Convincendoci che è terra di antichi miti, patria di eroi virtuosi, luogo dove la cultura classica si respira fin dal porto.
Quindi, riassumendo: oltre a mangiare in orario (cfr.: Happyend) è bene chiedere i biglietti del pullman per il Pireo appena messo il culo sulla nave.

Silvia: - Ragazze, vedo la costa, siamo quasi arrivate! E la parte prima, quella organizzata è stata completata. Da qui in poi adesso è solo culo.

Terra all’orizzonte. E che gli dei dell’Olimpo ce la mandino buona.
Spiace solo doversi accomiatare da Angel Merda.
Ma la vita è così. Fatta di approdi, arrivi, partenze. E gli arrivi si fanno sempre desiderare.
L’altoparlante intanto ci delizia con l’ottimo e internazionale Gigi D’Alessio.

Sedute ad anfiteatro sembriamo la commissione giudicatrice di un concorso di bellezza.
Ma la bellezza qui latita.
Il più bello, a voler essere generosi, ha tutta l’aria di essere uno scafista. E non siamo sicure che sia dotato di tutti gli incisivi.
Mai vista tanta gente brutta tutta insieme.
Stiamo assistendo ad una passerella da incubo.

La Falci deve smetterla di agitare gli arti superiori, da uno dei quali spicca il bracciale conteso. E deve essere contenta del fatto di non essersi svegliata senza una mano, tranciata nottetempo come invece avevamo pronosticato.
La Silvia mi mostra tutta soddisfatta una foto di me che dormo con un’inquietante espressione del volto e una fascia da notte taleban-style. Le ricordo, giusto per essere pari, che quando mi sono svegliata e l’ho vista che stava cercando di levarsi un bulbo oculare dalla sede, nel tentativo di sistemare una lente a contatto birichina, sono stata percorsa da brividi di orrore. Sull’onda del rinfaccio, faccio notare alla Falci che lei, invece, dorme con la bocca aperta (e una specie di bavetta tipo scia di lumaca al lato della bocca).

Pullman diretto ad Atene, ore 14.40

Dopo aver cercato informazioni in giro e ottenuta risposta inadeguata, siamo giunte alla conclusione che la migliore delle opzioni possibili era mettere il culo su questo autobus (con le poltrone stranamente comode, non c’è che dire) diretto ad Atene e da lì prendere la metrò per il Pireo.
Nota per la Falcinella: il Pireo è dunque il porto di Atene e non “un paesino sulla costa”.
Checchè ci fregiamo di conoscenze di svariata natura, la geografia no, non la fa da padrona.
Però sappiamo che siamo dirette a Paros.
Che Paros è un’isola, che la Grecia è tutto un rifiorir di isole, che noi umani in fondo siamo un po’ come delle isole.
Così ci lasciamo questa Patrasso alle spalle.
E’ Grecia ma se non fosse per le insegne parrebbe di stare sulla paullese.
Un cartellone ci informa del fatto che Patrasso è la capitale mondiale della cultura 2006.
Altro che patria di eroi virtuosi. Qui si raccontano una cifra di bombe.

La Silvia dopo trenta ore di viaggio e relativa esperienza con la sua nuova macchina fotografica, mi chiede di annotare che è ufficialmente passata al digitale.
Io, invece, sto seriamente pensando di scrivere una lettera al Corriere perché questa strada è piena di buche.

Un momento di follia:
Silvia: -Quindi c’è questo pullman, un altro traghetto e poi basta? Io non ci sto!

Per scacciare la noia del momento mi sono messa a fotografare la Falci che dorme ciondolando a destra e a manca nel sedile di fianco all’autista. Quello, per intenderci, dove si siedono i bambini che di solito vomitano sul pullman.
Abbiamo dunque due foto di lei che dorme, ottenute anche grazie alla partecipazione divertita di altri passeggeri. Ricordiamoci che quelle sono due foto corali.

Guardando la cartina della Grecia mi sono resa conto adesso che mi stava sfuggendo completamente la natura dei paesaggi che ci scorrevano e che ci scorrono tutt’ora di fianco.
Stamattina abbiamo sfiorato Corfù e Itaca. Adesso passeremo per Corinto, Megara (accidenti che vergogna…chi era nato a Megara? Vuoto mentale di cui non vado affatto fiera perché so essere personaggio fondamentale della cultura classica) e di fronte all’isola di Salamina.
Il pensiero è andato immediatamente alla Giavazzi e alla nostra prof di greco del liceo. E’ dunque partito sms con un complice e sincero “Fuck Rigamonti”.

Metrò di Atene, ore 17.30

Dalla stazione dei bus di Atene siamo catapultate in un certo qual caos. Dopo la visione mistica dell’Acropoli dal finestrino del pullman ci viene l’idea, che dura molto poco peraltro, di andare a vedere il tempio, avendo queste tre ore e mezzo di buco che proprio non ci vanno giù. Il ragazzo dell’edicola è un po’ la manna dal cielo. Grazie a lui capiamo che qualsiasi cosa decidiamo di fare dobbiamo prendere il bus 051 e scendere in piazza Omonoia. Da questa piazza pare che ci sia la metrò che porta ovunque (Galaxyiiiii…!).
Sul bus ritroviamo la cumpa di Imola conosciuta a Patrasso (dove, è importante dirlo, non ho acquistato il cappellino con scritto “Patrasso” perché non esiste, visto che il nome corretto è “Patra” e non ha lo stesso suono ridicolo).

Scese dal bus, Atene si mostra in tutto e per tutto uguale a Milano. Pure peggio.
Dopo che dal pullman io e la Silvia siamo riuscite a scorgere qualcosa di molto simile al cavalcavia di viale Certosa e un’urbanistica copiata tale e quale a Buccinasco, ci troviamo a camminare tutt’a un tratto in viale Vitruvio.
Superfluo dire che, una volta dentro alla metrò, la sensazione di stare sulla verde che porta a Cologno (Cimiano, Crescenzago, Cascina Gobba…) ci ha invase. Anche se eravamo dirette al Pireo.

Dialogo tra di noi:
- In Grecia ci sarebbero le leggi, il fatto è che non vengono applicate
- Ma avete visto in autostrada i tre tizi sulla stessa moto senza casco?
- Ma no, erano in 4, tu non hai visto ma c’era un bambino molto piccolo schiacciato in mezzo

Happy Hour al Cape Town del Pireo (il Boston’s), ore 19.30

La Falci contatta il nostro Dimitri adorato.
L’uomo-vacanza affittacamere e problem solver a 360°.
Ogni volta che la Falci parla con Dimitri entra in un altro personaggio. Diventa improvvisamente Cristiana (a lui piace chiamarla così), donna fatale e ammaliatrice (nb,: vamp che quando fa pensieri impuri si morde il labbro inferiore…dopo due giorni di viaggio ce l’ha già tumefatto). Una serie di botta-e-risposta telefonici assai concitati dal momento in cui approderemo a Paros di notte, in anticipo e senza sapere dove andare a dormire.
Cristiana Falci riesce infine a strappare a Dimitri una cosa come una stanza “senza cesso, senza letti ma con i materassi” (?).
Dimitri: - Perche maybe sarete stanche.
(E noi pensiamo: - Puoi scommetterci dude!)

Ricevo intanto un sms di mammà: “Ti mancano solo i fagioli crudi nelle scarpe”.

Con un grammoatomo di energia (sono in un’altra dimensione, non dormo da due notti, vedo tutto storto, ho la personalità scissa e borderline, l’occhio tipo triglia in agonia, i vestiti incollati che penso proprio non riuscirò a togliere più…anzi penso che ci cresceranno direttamente i peli sopra) mando un sms alla Giavazzi:
“Visto che è saltato l’aftershow di Madonna e hai tempo libero, smanetta su Internet e scrivici l’incipit della canzone di Pollon. Io e la Falci siamo distrutte da questa dimenticanza. E non per il viaggio.”

Nave Bluestar, categoria “happy”, ore 21

Siamo buttate per terra come tre stracci, su un ponte esterno affollatissimo e in un punto di passaggio.
Silvia: - Attenzione, nonna con passeggino!”
(vecchia con stizza in bocca e fare da incarognita)

Una serie di stronzi, di cui da questa altezza (il pavimento) vediamo solo culi, ci si è parata dinnanzi impedendoci:
- di allungare le gambe
- di vedere il paesaggio
ma consentendo alla Silvia:
- di fotografare culi

Versione definitiva della canzone di Pollon, confermata via sms dalla Giava:
“Sulla cima dell’Olimpo c’è una magica città,
gli abitanti dell’Olimpo sono le divinità
e lì c’è una bambina che ancora dea non è
è simpatica e carina, Pollon il suo nome è…”

Dopo cena maiala-fast-food servita dall’uomo più brutto del mondo e consumata sul ponte esterno, per terra, davanti ad un bicchiere vuoto un torsolo di mela un mozzicone di sigaretta, ci rendiamo conto lentamente ma inesorabilmente di essere passate dal livello “schifosa” al livello “putrida” in una sola ora.
Però ho appena fatto presente alla Silvia, che mi ha conosciuto in questo frangente eccezionale, che di solito sono molto più carina di così.
Dopo essermi guardata nello specchio del cesso (nb,: cosa da non fare mai a questo punto del viaggio, prendere nota) la spia dell’autostima si è accesa e, lampeggiando, mi comunica che molto probabilmente non tornerò più la persona spensierata e solare di prima.
L’unica cosa che mi resta da pensare è che se dovessi mai rimorchiare qualcuno adesso, bene: sarebbe amore vero.
Dietro di noi c’è la sala mensa dell’equipaggio della nave. Manca il nano ed è Love Boat.
Dentro, invece, mi permetto di riassumere l’accozzaglia umana (nave sicuramente caricata 10000 volte in più della sua effettiva capacità) in tre punti:
- un po’ oratorio di Pessano con Bornago
- un po’ Bar dello Sport di Milano Marittima
- un po’ centro sociale imprecisato (girano pure dei “colonnelli” che mollami)

La Silvia fotografa la luna e tutta soddisfatta mi mostra il risultato.
Le rispondo che vista così potrebbe essere tranquillamente un pixel bruciato.
Si deprime un po’.

Situazione Falcinella: simil-pankabbestia accasciata sul mio zaino, schiumetta lato bocca, un sottile strato di cornea che si intravede tra le palpebre, capello unto a coprirle completamente il volto (praticamente Laura Palmer appena scartata dal cellophane).
E dunque, eliminata una concorrente per abbandono del gioco al massacro, rimangono in gara due rottami di donna.
Che vinca la migliore, cioè chi sviene per ultima.

Constatazione dell’ultimo minuto: quella “lingua strana” che continuiamo a sentire da ieri pomeriggio è ufficialmente il greco.
Constatazione dell’ultimo secondo: per l’umidità, oltre alla frangia, mi stanno diventando “a pecorella” anche le pagine di questo diario.

Abbiamo la certezza che tutti quelli che in questo momento stanno ridendo e/o festeggiando, o che comunque conservano ancora un aspetto quantomeno presentabile, sono reduci da un viaggio in aereo.
Pezzi di merda.

Momento info utili al viaggiatore sprovveduto: non si sa bene se effettivamente al porto delle isole i pescatori assalgano i turisti proponendo caratteristiche casette bianche ricoperte di glicine, così come recitano le leggende metropolitane.
Sappiamo però per esperienza personale che personaggi attempati e di dubbia moralità ti si strusciano addosso già sulla nave offrendo camere.
E tu non capisci in che senso.

Cronaca di 10 minuti di people-watching sottocoperta:
- uomini e donne sdraiate per terra che sembrano homeless ma che invece sentiamo come pari (essendosi annullata qualsivoglia gerarchia e/o distinzione sociale e/o pregiudizio etnico)
- il salone dei ricchi (e dei vecchi) che soggiornano in poltrone direzionate (tutte e ventimila) verso uno schermo al plasma piccolissimo che trasmette un film di kung-fu doppiato in greco (e sottotitolato probabilmente in rumeno)
- un’allucinazione: giapponese stiloso con portatile sulle ginocchia e cuffie megafighe che ondeggia a ritmo di musica (tutt’intorno scenario da Apocalypse Now post-bombardamento al napalm)
- un livello di confidenza generale nei confronti del luogo pubblico in quanto tale che porta la gente a: assumere posizioni per cui in situazione normale si vergognerebbe da morire, portarsi da casa lenzuola ricamate e con le cifre, aprire brandine ingombranti tra un tavolino e una sedia del fast food, dormire per terra sopra all’asciugamano degli ospiti scansando con il piede bottiglie di birra semivuote.

E c’è ancora qualche tipa che a quest’ora, in questo osceno marasma, con quest’odore di fogna, questo umido di fondo, questa stanchezza devastante, questa mancanza di dignità umana che ci circonda, questa follia che dilaga, che osa passarmi davanti e atteggiarsi da “carina”. Fuck.

Attendiamo con ansia che la vocina dell’altoparlante pronunci la parola “Paros” ed il verbo “arrivare” coniugato al tempo presente. Va bene anche in greco.

LUNEDI' 7 AGOSTO







foto 1- breakfast
foto 2- vista dal nostro appartamento
foto 3- Parikia
foto 4- Aliki

Paros (la nostra Itaca), ore 2.00

La nave attracca al porto di Paros e il nostro bel Dimitri (dopo Dimitri from Paris, ecco la nuova stella nascente: Dimitri from Paros) ci attende munito di targhetta con scritto sopra “Albergo Anna Platanou”.
Lui: superiore ad ogni nostra più rosea aspettativa. Niente monociglio, niente profilo greco.
Invece è un bel mix frullato di Ricky Martin, Gigi Rizzi da giovane e il Verdone dei tempi d’oro. Districandosi amabilmente in una lingua fusion italo-greca-inglese ci porta nel suo mini pullmino dove sono seduti ad aspettare altri ragazzi. E da lì parte con un attacco di logorrea che ci accompagna dal porto alla casa (anzi: al rifugio di fortuna ricavato in una stanza-magazzino…quella cosa senza letti ma con i materassi, per intenderci…ma dopo aver dormito distese sopra al marcio, un materasso per terra è un lusso che non potevamo farci sfuggire).
Dal monologo del nostro uomo-vacanza abbiamo appreso, oltre al fatto che è un gran furbacchione e che ci ha anche proposto di andare a dormire a casa sua (“tanto io dormo che sono stanco”), che lo scandalo di Calciopoli ha veramente avuto la rilevanza internazionale di cui tanto si è parlato. Evito però di fare un resoconto di cosa pensa Dimitri della Juve e del calcio malato, dei nuovi acquisti dell’Olympiakos e del fatto che i giocatori vecchi vanno benissimo per il Panatinaikos.
Segue: commiato da quel melting-pot linguistico, doccia con bacarozzo incorporato, intasamento del water, 2 o 3 discorsi tra noi brevi e sconnessi e ronfata a sasso.

Una frase a caso di Dimitri: - If you want potete aspettarmi in the car. Maybe un po’ caldo

Nota per il viaggiatore sprovveduto: è ufficiale, al porto della gente (che siano pescatori non ci è dato sapere) assale i turisti offrendo camere.
Proprio come un tempo si veniva assaliti in Piazza Vetra.

Alle 3.30 di lunedì 7 agosto abbiamo dunque totalizzato:
- un tragitto casa – Stazione Centrale in taxi
- un tragitto Milano – Ancona in treno
- un tragitto stazione di Ancona – porto di Ancona in bus
- un’epopea Ancona – Patrasso in nave
- un tragitto Patrasso – Atene in pullman
- un tragitto stazione dei bus di Atene – Atene centro in bus
- un tragitto Atene centro – Pireo in metrò
- un tragitto Pireo – Paros in nave
- un tragitto porto di Paros – casa nel pullmino di Dimitri
Il tutto sarebbe stato riassumibile con:
- un tragitto Milano – Paros in aereo
(che probabilmente potremo permetterci nel mese di agosto solo quando saremo ricche come Madonna che, tra parentesi, sta cominciando a cantare adesso a Roma)

E dopo tutto ciò copio/incollo la frase-simbolo:
“Perché maybe sarete stanche”

Sms di mammà: “Siete giunte a Betlemme?”

English breakfast in un bar dal nome francese (e siamo in Grecia), ore 10.30

Colazione sul lungomare al Tres Jolie. Mix micidiale di caffè, yogurt e succo d’arancia, dall’esito ovvio. E poi, ma proprio per fare le fighe,: uova con bacon, pane e marmellata (nb.: le marmellatine non consumate ovviamente sono infilate d’istinto nella borsa, sapendo perfettamente che a casa non le mangerai mai, ma la tradizione insegna che certi gesti vengono automatici).
La spiaggia di Parikia (la località principale di Paros) non è granchè, anzi, è piena di alghe e il mare abbastanza marrognolo. Ma il nostro umore si risolleva in poco tempo. Dopo un giro nel paesello (case bianche, glicini a strafottere, negozietti, localini, suggestiva popolazione locale e bla bla bla) ci compriamo a tempo record tre cappelli uguali (con l’idea di aggiungerci ogni volta una pin con scritto “I love” e il nome dell’isola che avremo visitato).
Rimiriamo fantastici monili e amenità, ci ricordiamo di bere prima di evaporare dal caldo, ma soprattutto: decidiamo di noleggiare dei motorini.
Telefonata a Dimitri che, da mafioso qual è, ci indirizza nella scelta (nb.: Loukis).

Nota per il viaggiatore sprovveduto: prima di partire ho dato un occhio alle opinioni che circolano su Internet riguardo a Paros. Sembra che la cosa fondamentale che definisca l’isola, a detta dei bloggers, sia un fantomatico viavai di giovinastri in motorello che si sparano sti 30 km in lungo e in largo alla forsennata ricerca di divertimenti.
Ancora mi chiedo come abbiamo fatto a passare oltre a questa descrizione deprimente.
In ogni caso, abbiamo fatto bene.

E sulla parentesi motorini, mi tocca passare momentaneamente la parola a colei (la Silvia) che è stata più provata dal primo approccio. Colei che ogni tanto si spingeva avanti con il piede vista la mancanza di ripresa del mezzo, colei che ha avuto seri problemi in curva e che ogni volta che ci fermavamo pronunciava una frase con dentro la parola “suicidio”.

Mini resoconto della Silvia: “Ebbene si, è meglio che io avvisi il giovane e inesperto lettore. Al momento dell’affitto del motorino la Valenta chiede: “Chi ha più esperienza di motorini?”. E’ chiaro a tutti che la Cristi(a)na occupa il primo posto. Evidentemente quel poco che io e la Vale abbiamo visto (e sentito) per le strade di Paros ci spaventa ma prendo l’iniziativa e calo la mia patente all’ennesima greca sovrappeso e maleducata. Naturalmente sono a secco di olio e benza, allora via verso il primo distributore. Il prezzo a spanne si tratta. Il mezzo manca completamente di ripresa a basso regime ed è decisamente “spanato”. Il che si sopporta bene sulle lunghe distanze ma sui tratti brevi o nelle curve rischi veramente da fermo di schiantarti o ammazzare qualcuno. Il tempo di prenderci la mano però e mi viene voglia di cavalcare tutta l’isola al limite delle possibilità. La leggenda dei pazzi in motorino a Paros prende forma: sono io!
Ps.: siamo le uniche con il casco”.

Io: - Siamo amiche di Dimitri, c’è uno sconto?
Noleggiatrice di motorelli: -No.

Giro completo dell’isola in motorino, ore 18

Siamo talmente entrate nell’atmosfera del luogo che abbiamo fatto esattamente ciò che il luogo si aspettava da noi. Però abbiamo effettuato il tour all’ora del tramonto che è l’ora più figa in assoluto.
E’ vero, non cercavamo i divertimenti (come un vero turista a Paros deve fare) ma vedremo di darci da fare domani.
La Silvia ha smesso di barcollare ed ha preso una confidenza con l’acceleratore che non ci saremo mai aspettate. Io, con una Falcinella dietro, ho guidato (il mio passeggero dice come un truzzo di Rozzano che gira la manopola con il gomito in fuori) un mezzo assai scassato, storto e privo di frecce.
E’ vero, sottoscrivo, le manovre di fino con quell’aggeggio sono impossibili da effettuare, ma, grossolana per grossolana, la perlustrazione ci ha regalato tutta una serie di emozioni.
A partire dalla vista delle isole che circondano Paros, la luce e i colori che ti aspetti dalla Grecia. Poche pecore, devo dire. Meno del previsto. Paesaggio bruciato dal sole, qua e la spruzzato dal bianco di alcune manciate di case. Pochissima vegetazione in generale.
Ogni tanto una garbata speculazione edilizia: scheletri di cemento armato che però non superano mai i due piani di altezza. Dei piccoli e deliziosi ecomostri.
E adesso, dopo una doccia, torniamo in pista e vediamo com’è la ballotta della sera.
Dobbiamo assolutamente farci una cumpa.

La serata in poche parole

Ci perdiamo per le stradine di Parikia alla ricerca di un pizza-metro che avevamo adocchiato in mattinata e che non ritroveremo mai più. Facciamo lo stesso tratto di mare almeno 200 volte con il sottile dubbio che si insinua di stare vivendo un deja-vu.
Dopo molto peregrinare decidiamo che il nostro locale della cena deve essere assolutamente uno splendido punto ristoro à-la-carte che ci ha poi fornito delle maialate degne di un cinghiale in astinenza di lipidi (assortimento di dips spalmabili con tzatziki al centro, baked potatoes e pollo al curry con una devastazione di formaggio fuso sopra, un hamburger con delle patatine fritte più grandi di lui). Tavolino e seggioline colorate in graziosa piazzetta dove mi saranno passate di fianco un numero impronunciabile di coppiette mano nella mano.
L’unico essere mediamente guardabile la Silvia se l’è mangiato con gli occhi. Ma solo per due secondi perché poi eravamo già alla ricerca di un gelato (i dolci, è noto, servono a compensare la carenza di cibo maschile per gli occhi).
Ritorno in motorino con la ventazza gelida della sera. Ho resistito alla tentazione di addormentarmi alla guida finchè poi non ho perso i sensi sul letto, seduta e appoggiata alla testata.
Dunque niente cumpa ancora.
La Silvia, a tal proposito, suggerisce di intortarci i nostri coinquilini di veranda (nb.: francesi e visibilmente omosessuali). Invece, la coppietta di italiani, che pensavamo già partita, dal momento in cui ha quasi sicuramente ascoltato tutti i nostri discorsi di donne sulle prime esperienze sessuali dalla finestra, e sapendo quindi tutto ciò che di gustoso c’era da sapere su di noi, è automaticamente out.
Fervono i preparativi per una nostra grigliata (immaginaria) in veranda venerdì.

Le due donne della sfida

Io e la Falci in un delirio di onnipotenza abbiamo deciso che è giunto il momento di sfidare l’infinita maestà di Poseidone. Ci apprestiamo ad organizzare una stoica traversata Paros-Antiparos su mezzo galleggiante di fortuna (si provi a pensare ad uno di quelli che vengono utilizzati dai disperati pieni di ardimento per la traversata Florida-Cuba). Io mi accontenterei anche di un ridicolo coccodrillone gonfiabile, o anche del famoso e introvabile bananone nella speranza di venir identificate come “quelle del bananone”. La Falci invece mi ha fatto notare che se riuscissimo a noleggiare una canoa, l’impresa acquisterebbe sicuramente dignità sportiva. Quanta saggezza,
Chiederemo a Dimitri se conosce qualcuno che noleggia canotti per bambini.

Tutte le facezie immaginabili andranno chieste a Dimitri prima di conoscere sua madre Anna Platanou (che sarà tipo: alta un metro e 20, porro, baffo nero e crocchia), padrona incontrastata di tutta l’isola nonché reggitrice assoluta del microcosmo-turisti (è citata pure dalla Lonely Planet). Quando andremo a conoscerla e le baceremo le mani dovremo essere molto serie. E soprattutto molto abbronzate.
Io comunque, vi avverto, parto con una serie di punti di vantaggio:
- sapendo leggere l’alfabeto greco
- potendo sfoggiare una parola jolly come “eudaimonia”, che sui greci ha un incredibile effetto stupore (mentre per me è solo un flebile ricordo delle versioni del liceo qui pare essere usata per definire la felicità ma solo da certi intellettuali)

MARTEDI' 8 AGOSTO






foto 1- il noleggio moto/auto di fiducia
foto 2- spiaggia di Krios
foto 3- massaggio
foto 4- non fare domande

Finalmente siamo in cinque

Ore 8.30, Falci: - Sento un rumore di trolley provenire da fuori…
E il trolley è di quei due bastastardoni che ci hanno raggiunte a Paros con un aereo.
- “aereo” (parola piena di vocali stronza che, pronunciata da due che ne hanno preso uno, fatto un viaggio di due ore che li ha “stancati”, è ancora più stronza)
- “nave” (parola un po’ più breve, sicuramente più poetica e musicale)
Barbara e Simone si insediano nel nostro bell’appartamento dalla vista splendida e ci raccontiamo le vicissitudini reciproche (che comprendono il racconto della nostra odissea via mare e il loro resoconto del concerto di Madonna a Roma).
Dopo poco tempo ai nostri motorini, per volere di Barbara, si affianca un quad (roba molto balneare). Andiamo tutti a Parikia a fare colazione nel posto delle centrifughe fighe (Mikrocafè) dove io e la Falci, con un cappello uguale e una spilla uguale (“I’m a Samantha”) ci uccidiamo con un chilo di scrambled eggs.

Nota pratica per il fanatico della centrifuga: se ne ordini una con il miele tieni presente che il miele prima o poi intasa la cannuccia.

Paradiso Beach Club di Krios, ore 16.00

Con i nostri bolidi da gara, precedentemente parcheggiati di fronte all’abitazione di Nostra Signora Anna Platanou di Paros (cosa che fa molto “amici della cupola”), ci dirigiamo verso la prima spiaggia segnalata dalla Lonely Planet (Krios, dopo il porto di Parikia).
Dopo aver percorso una suggestiva spiaggia litoranea (splendida vista, no pecore, un mulino, due piccoli dolcissimi ecomostri, casette bianche stavolta con porte color glicine, baiette e insenature finalmente di quella tonalità acquamarina che stavamo agognando), finiamo prima per errore in un campeggio e poi dritti sparati al Paradiso Beach Club di Krios. A parte qualche ciccionazzo dalla carnagione imbarazzante , il people-level comincia ad alzarsi sensibilmente. Ovviamente quello che ci attende è un ritmo fatto di bagno-tzaziki-bagno-tzaziki, mentre la musica del baretto spazia dalle Destiny’s Child al Vasco Rossi locale con una facilità preoccupante.

La Silvia ha un bikini bianco con un pezzo sotto fantastico che recita dall’alto dei suoi preziosi strass: “just married”. Ci siamo interrogate un po’ sulla cosa. Ma la vita comincia a scorrere liscia e felice quando finalmente smetti di chiederti.

Io e la Falci cerchiamo intanto di contare a spanne la distanza Paros – Antiparos e di fare un approssimativo calcolo in scala 1: nonsocosa.

Storie di massaggi in spiaggia.
La Silvia, dopo contrattazione del prezzo a mezzo cifre disegnate sulla sabbia, decide di farsi manipolare da un figuro molto probabilmente thailandese (tagliamo corto: asiatico).
Ognuno dei due parla nella sua lingua e, mentre l’uomo dagli occhi a mandorla la pastrugna con gli olii, si evince dalla piega che ha preso la sua bocca che ne sta traendo beneficio.
Intanto i due che “poverini” hanno fatto un viaggio in aereo si godono la loro dormitina (uno dei due ha la sedia del baretto tatuata sulla schiena perché ha mangiato con le terga al sole).
La Silvia fa “ok” con la mano e noi capiamo che ciò che il tizio le sta facendo è buono.
Due minuti dopo però passa alla parte più traumatica: mazzate sul fondoschiena e alla base della colonna vertebrale (ci andiamo ad assicurare che non sia necessario un trapianto di reni). Poi il cinese la fa sedere e con un colpo sordo le percuote la schiena.
Lei urla: - Adesso sputo un polmone!
Quando le dico che puzza di balsamo tigre lei ci preme ad assicurarmi che quello non è balsamo tigre ma qualcosa che sta avendo lo stesso effetto sulla sua pelle dell’acido muriatico.
Invidiosa del massaggio appena ricevuto, invito colei che ne ha appena beneficiato di ripetere le stesse mosse sul mio corpo provato da giorni di zaino, pavimento, motorino.
Insomma: in men che non si dica parte una session di massaggi reciproci tra donne, molto lesbo chic. E con la sabbietta unita alla crema è compreso anche lo scrub.
Finito il reiki inventato la Falci acquista un pacchetto di patatine tossiche al gusto “cocktail di scampi”. Dal baretto ci deliziano con impagabile reggaeton.

Nota per il viaggiatore sprovveduto: La spiaggia di Krios ci è piaciuta. Goletta verde assegna quattro bandierine.

Riepilogo rimorchi: nessuno a parte un toscano repellente con ciuffo riccio e ossigenato (uno solo) sotto l’orecchio. L’unico modo per non pensarci è fare dell’ottimo tai-chi inventato (il saluto al sole della Barbara è memorabile).

Il sole tramonta e chissà come mai, in un punto a caso del giorno, ci ritroviamo sempre ad avere l’aspetto di profughi. E stavolta c’è pure un profugo che è meglio se si copre la schiena.

La Falci, il ferraglia e un muro

Prima uscita di sera in cinque. Belli come il sole, con quel discreto velo di abbronzatura che non guasta e quel tocco di rimmel che non fa mai male, scendiamo le scale di casa e ci apprestiamo a prendere possesso del nostro parco motorini. Alchè ci si propone una delle scene più ilari di questi giorni.

“E’ inutile guardare nello specchietto retrovisore se arriva la Cri, tanto quando arriva lei prima senti un rumore metallico e poi segue il motorino”

Punto di vista esterno:
La Falci cavalca il suo Ferraglia (trabiccolo dall’insopportabile clangore metallico).
Avevo precedentemente avvertito che il posto della “manovrina” era molto pericoloso visto il poco spazio disponibile per domare in modo soddisfacente i mezzi del Loukis noleggio.
Io stessa, di pomeriggio, mi sono scagliata con il Ferraglia contro un muretto all’uscita della spiaggia senza sapere bene il perché. E la Cri aveva pure fatto un po’ la figa (“Ma no, vedi, è che schiacci di qua, tiri di là e bla bla bla).
Non esiste un perché. Il perché risiede tutto nel mistero del Ferraglia.
Inforcato il suo motorino posseduto, la Falci, da ferma qual’era parte con un rinculo violento e dopo due metri a velocità folle si stampa contro il muro davanti.
Attenzione: mentre il motorino gira ancora a mille, lei urla con una gamba alzata e nessuno capisce cosa cazzo stia succedendo.

Punto di vista mio:
Tutta intenta ad allacciarmi un casco assurdo ad un certo punto mi giro e vedo questa scena a 5 metri da me.
- Falci sopra un motorino al massimo dei giri consentiti che però ha la ruota anteriore contro il muro
- Urla lancinanti, rumore di ferraglia e di motore impazzito
- Facce intorno perplesse (che forse si stanno chiedendo dove cazzo vuole andare lei che è contro un muro, perché urla così e soprattutto perché va così veloce da ferma)

Nessuno si capacita della cosa e, impietriti dalla scena, nessuno alza un dito per aiutarla.
Risultato tra le risate generali: due ottimi e giganti ematomi violacei nell’interno ginocchia


Epilogo motorini (oppure, che è decisamente più esplicativo) Mind the gap

Dopo questa sequenza degna di un Vanzina ubriaco, ci dirigiamo vento in faccia e tipo carovana di nomadi verso quella località del nord (piena di “divertimenti” ci dicono) che ognuno di noi chiama con un nome diverso e che quindi da un certo punto in poi verrà identificata solo con la parte finale del nome: Ussa.

Serata tiepida, profumi buonissimi di macchia mediterranea, intercettazione di case nababbe che ci fanno sognare per un po’, serenità generale ottenuta grazie ad una giornata di mare figo. Troppo bello per durare.
Va bene che il quad dove barcollano Barbara e Simone è lento, però ad un certo punto li perdiamo di vista. E ad un altro certo punto scompare dallo specchietto retrovisore anche la divina immagine della Falci sull’orrendo Ferraglia.
Mentre io e la Silvia ci fermiamo, vuoi per aspettarli, vuoi per capire bene l’esatta direzione di Oussa (è buio, non ci sono indicazioni e quello a cui chiediamo informazioni e che abita a Oussa non capisce un cazzo e forse non sa nemmeno come si chiama), riceviamo una telefonata-shock dalla Cri: - Eh niente, il mio motorino non si accende più, Barbara e Simone sono indietro, sono caduti dal quad e sono già su un’ambulanza”.
Proviamo per un secondo a fare mente locale ma la mente è tutto fuorchè in loco.
Quando finalmente tutte e tre ci ritroviamo sul bordo di una strada praticamente senza illuminazione, di fianco ad un cartello della Coca-Cola (unico punto di riferimento in un luogo dove, giuro, non sono mai esistiti punti di riferimento), torniamo sui nostri passi, e cioè a Parikia.
Ahhhhh (sospiro di godimento)…cosa c’è di meglio dopo una giornata di mare figo di una bella, che dico bella, splendida serata al pronto soccorso?
Niente, appunto. E quindi tutti al pronto soccorso.

Seratona al pronto soccorso, ore 23.00

Improvvisamente tutte le belle immagini notturne romantiche e dispensatrici di allegrezza vengono in men che non si dica scansate dalla visione di Barbara su una sedia a rotelle con un polpaccio grande come una zampogna. Il tutto illuminato da luce al neon.
Dopo aver accertato l’assenza di fratture la Silvia sventola delle lastre ed esclama: - Queste sono le vere foto delle vacanze!
Non oso nemmeno immaginare uno slide show al ritorno della vacanza, parenti e amici convenuti, della tibia di Barbara.
Dunque: la cafonaggine delle donne di Paros viene ampiamente superata da quella dello staff medico del pronto soccorso. Non solo non viene fornito alcun servizio di prima assistenza (chessò un bicchiere d’acqua, una pacca sulla spalla) ma (dal momento in cui veniamo trattati da italiani anche in Grecia e questo, lasciatemelo dire, è veramente mortificante) qualcuno si assicura anche che non rubiamo la sedia a rotelle.
E’ pur vero che risulta essere un mezzo di trasporto inedito e non ancora esperito però, come la Falci sottolinea ad un certo punto: - Cos’è, hanno paura che la fottiamo per vederci la tele seduti sopra?
Intanto Simone, zoppicando, va a sbrigare le burocrazie al comando di polizia

Dinamica dell’incidente:
Perdita di controllo del quad che va fuori strada, si imbatte in un cumulo di sassi e subito dopo in un piccolo fossato. Tuffo carpiato di quad e passeggeri.
Dalle testimonianze emerge che:
- nonostante delle persone fossero presenti sul luogo del delitto, nessuno s’è degnato di dare una mano ai nostri due malcapitati completamente ricoperti da un quad (però, mentre uno levava un piede incastrato nella ruota e l’altro si toglieva il manubrio dall’orecchio, pare che qualche anima pia abbia offerto dell’acqua da bere)
- la domanda più intelligente che ha posto la polizia, giunta in seguito, dopo “siete fidanzati?” e “vi siete drogati?”, è stata: “siete cattolici?”.

Al comando, il capo assoluto della polizia (che si fa la barba solo da un certo punto in giù), parla solo cinque parole di inglese e quando fa le domande e non capisce la risposta si incazza.

Mentre la Silvia controlla che qualcuno si degni di assistere Barbara al pronto soccorso, Simone ha a che fare con uomini in divisa incapaci di intrecciare un dialogo sensato, io e la Falci sfrecciamo a casa a prendere i documenti. E poi ci imbattiamo in un farmacista tipo curandero brasiliano che, con tono alla Jodorovsky, prescrive posologie in antitesi con i medici in prima linea dell’ospedale e che, in un italiano piuttosto inquietante, dice: - E dopo tutto questo portate qui la vostra amica che la ricoveriamo con dell’arnica.

Accompagnamo i due zoppi ad un tavolino di fast-gyros, riportiamo la sedia a rotelle (pizza e mandolino si, ma non mafia che smercia mezzi di locomozione per handicappati, per piacere) e ci avventiamo su una cipollata indegna con un po’ di gyros dentro.
Lasciamo schifati gli altri motorini parcheggiati in piazza e chiamiamo un taxi, guidato dalla donna più mastella che l’etnia greca potesse produrre, che ci riporta a casa.
Una volta giunti a destinazione riflettiamo sul fatto che non ci lasciamo sfuggire proprio nessuna emozione.

Polpaccio girl e caviglia man si addormentano imbottiti di Nimesulide.

MERCOLEDI' 9 AGOSTO





foto 1- chiesa e fake rovine
foto 2- la Falci e le conchiglie
foto 3- Silvia e Barbara

Le burocrazie e la cultura

Rimaste a piedi le tre donne avventura con tutte le loro ossa al punto giusto, le gambe al posto giusto (ma non le curve al posto giusto, perché, ahimè, in tre e con 6 tette riempiamo solo una coppa di champagne) per un pelo riescono a farsi dare un passaggio a Parikia da Dimitri (ma solo dopo insopportabile tentennamento suo).
I due feriti rimangono a casa e quando, nel bel mezzo delle orrende faccende burocratiche che stiamo svolgendo per loro, ci perviene sms che ci informa del fatto che invece stanno placidamente facendo colazione in veranda, io e la Silvia veniamo assalite da un attacco di sadismo:
- io picchio la Barbara sul polpaccio
- io infierisco sulla caviglia di Simone
- io allora percuoto il polpaccio della Barbara con la caviglia di Simone

Ci concediamo colazione appagante seguita da visita pseudo-culturale alla chiesa ortodossa più piena di fake rovine di tutta la Grecia. Accendiamo pure 5 ceri (che vengono tolti a tempo record da una specie di perpetua carogna che non aspetta nemmeno che ci allontaniamo). E io acquisto un fantastico pamphlet dal titolo “Che cos’è l’ortodossia ?”, giusto per essere l’unica persona del gruppo che non solo si interessa della cultura locale ma che vuole con tutta se stessa spiegarsi chi cazzo siano e che ruolo abbiano quegli anziani con barbe giganti e copricapo nero che ogni tanto incontriamo in giro e che creano un’atmosfera infinitamente greca.
Parallelamente al mio acquisto colto la Silvia si concede una crema del Body Shop. Ecco, l’avevo detto che c’è una grave discrepanza di interessi tra di noi, ma scuso e giustifico la nostra, che, dopo la carezza sulla guancia ricevuta da Dimitri stamattina, è automaticamente la prescelta e quindi, in quanto futura principessa reggente di Paros, ne ha ben donde di cospargersi di burrocorpo al frutto della passione.

Nota per il filomonarchico appassionato di questioni ereditarie: stamattina abbiamo conosciuto Sua Maestà Anna Platanou mentre eravamo nel pulmino del figlio Dimitri. Stretta di mano diplomatica, sorrisi a mille denti, relazioni pubbliche preparatorie in vista del matrimonio tra la nostra amica e il rampollo ruspante.

Avviso importante:
In data ancora da definirsi si terrà una conferenza dal titolo “Che cos’è l’ortodossia?”.
Relatrice: Valentina Sansoni
A seguire: pausa caffè, risposte alle domande, dibattito e intervento finale di Yannis Papadopoulos (tizio noleggiato per l’occasione, con barbona e cappello nero, che parlerà esclusivamente in bizantino senza traduttore simultaneo).
Fino ad esaurimento posti disponibili.
Info: contattare Falcinella.
Verranno offerti: gadgets promozionali, ricco buffet a base di tzaziki, grigliata immaginaria, cazzi buffi e cotillons.

La pula, lo stridore, il detersivo, la spiaggia:

Al comando di polizia per ritirare i documenti dei due incidentati ci attendono: un delirio di incomprensione reciproca con il capo della polizia (che è anche ufficialmente il capo dei terroni), alcuni personaggi satellite e la robustona del Louki noleggio.
In tutto questo cancan di parole al vento e semi-incazzature, la vista della cella ci ha inquietato per un po’ (per rendere un’idea: quelle dello sceriffo nei fumetti western tipo Tex Willer).
Dal momento in cui abbiamo chiuso la parentesi motorini, abbiamo subito aperto quella auto a nolo. Firmiamo un nuovo fantastico contratto (dalle clausole ambigue e/o evasive) e partiamo orgogliose alla volta di casa mettendo il culo su un fiammante Hynday Atos rosso fiammante. Autoradio e aria condizionata di serie. Soprannominato subito lo Stridore, vista la lieve problematica acustica che affligge lo sterzo.
Falci: - Il sogno della mia vita è possedere una di queste auto per handicappati!

Facciamo una spesa epica al Super (che comprende anche una cosa molto trash come gli involtini di riso e foglia di vite in scatola), dove il massimo delle nostre energie è concentrato nella scelta del detersivo per i panni. La Falci si ostina a sostenere che in Italia il Coccolino è 2 in 1, mentre, non conoscendo il greco (come tutti noi del resto), quello che ha portato alla cassa è solo e unicamente un ammorbidente. Risate matte nell’udire la domanda “ma sarà per capi delicati?”, quando sappiamo perfettamente che ciò che dobbiamo lavare, e anche tantissimo, sono i vestiti radioattivi che indossavamo durante il viaggio di andata.

E’ opportuno imparare il greco.

Nota per chiunque si stesse domandando che fine abbia fatto il Tenconi, quell’ex fidanza bellamente ritrovatosi ad essere ignaro protagonista della canzone Rapput di Claudio Bisio: siccome non voglio dilungarmi su questa vicissitudine perché è veramente pallosa (cfr.: video in cui sottolineo senza indugio che, uno e uno due, “ci avete rotto i coglioni”), prendo a prestito e cito l’intervento di Simone in merito alla cosa.
Guardiamoci tutti quel videoclip di Natalie Imbruglia dove lei cammina per strada, lui la segue ma incappa in una serie di distrazioni e poi la perde.
Simone preambola sempre con “scusate se abbasso il livello della conversazione” ma poi tira sempre fuori una chicca che spiazza.

Alle 17.00 le tre donne avventura si godono una serie di bagni ristoratori alla spiaggia di Krios. I miei occhialini per vedere sott’acqua fanno veramente cagare:
Cri: Eh dai, li hai pagati solo 50 centesimi
Io: 50 centesimi buttati nel cesso
Segue aperitivo birra e Martini.
Abbiamo ufficialmente smesso di intercettare uomini papabili segnalando le posizioni con frasi in codice tipo “a ore cinque…a ore sette…a ore nove” dopo aver visto la bruttezza del diggei del baretto, che oltretutto mixa Haddaway con i Chili Peppers, e pure male.
Non è mancato il contorno di patatine tossiche sgranocchiate con mucho gusto.

GIOVEDI' 10 AGOSTO





foto 1- folklore greco
foto 2- la Falci che tenta inutilmente di fare le sue rimostranze al Tenconi
foto 3- la Falci e la Valenta from the catwalks

Le riflessioni e le commissioni

Addormentatami miseramente per ultima nel tentativo di tenere aggiornato il resoconto-eventi, dopo semi-sbronza di vino greco simil-benzina, mi sono dimenticata di annotare la scoperta divertente della sera, ovverosia:
Contati nel vano doccia numero 15, e ripeto 15, flaconi di shampoo e docciaschiuma.
A breve partirà un censimento di creme per il corpo, doposole, deodoranti e altra cosmesi, giusto per sondare fino a che punto si spinge la follia umana nell’inseguire la bellezza.

Colazione a casa con latte, cacao greco per bambini greci e cereali (2 scatole di Special K: qui c’è qualcuno che puzza di stitichezza).
Con lo Stridore giungiamo a Parikia e sbrighiamo queste 3 fondamentali commissioni:
- acquisto di un paio di stampelle color canna di fucile, cromate, impugnatura da uomo e gommini da pioggia in fondo
- faccia a faccia con la pornopoliziotta del comando (quella dei sogni erotici di Simone, in cui il capo della polizia lo picchia e lei tenta di proteggerlo)
- svuotamento del serbatoio di sportello Bancomat onde pagare automezzo alla robustona del Louki

Robustona: - And here is the tap of the benzin

Nota per il giuresperito avido osservatore della corretta applicazione della legge: non si sa se solo in questo autonoleggio oppure se sia una pratica diffusa, ma abbiamo visto i proprietari scartavetrare alcuni numerini delle targhe e scriverne altri sopra a pennarello.

Spiaggia di Hristy Akti, ore 13.30

L’Atos-Stridore ci porta senza indugio nella seconda spiaggia figa segnalata dalla Lonely Planet (e c’è da dire che nel seguirne i consigli stiamo diventando forse un po’ troppo fiscali). Come preannunciato è decisamente ventosa, popolata da windsurfers e gente greca (eravamo anche un po’ stufi di tutto questo international style). Mentre io mi inquino il cervello lasciandomi intortare sugli scismi, i concili e i sinodi che la mia guida all’ortodossia snocciola allegramente (cercando anche, ogni tanto, con insulsi tentativi di convincimento, di farmi convertire) (ma da quale religione che sono senza Dio, dico io?), Simone si fa maltrattare da un asiatico.

Bar Louridis
Momento viaggiatore sprovveduto: chi capitasse in questa spiaggia e si facesse, giustamente, dei problemi a sedersi ad un tavolino di questo baretto dal nome oggettivamente poco promettente, consigliamo invece di andare oltre al primo impatto e ordinare senza remore degli snack.
Il baretto vince anche sul versante musicale (David Byrne, così, tra capo e collo).
L’unica cosa in sintonia con il nome, ci duole comunicarlo, è il cesso.

Qui, in questo bel mare, la Barbara smette di zoppicare, nuotando supera il suo handicap e ritorna ad essere come tutti gli altri esseri umani deambulanti.

Riunione al baretto, ore 17.00

Come al solito, nonostante utili info-Lonely Planet e preziosi consigli di amicizie varie vaghiamo ancora nella più assoluta indecisione su cosa fare, dove andare a fare una gita, in quale isola spostarci.
Il mondo Cicladi rappresenta ancora quell’accozzaglia confusa di macchie di varia grandezza dove l’unica certezza è che più l’isola è piccola, più il suo nome è lungo (oltre agli assodatissimi luoghi comuni: Mykonos= froci + divertimenti oppure Santorini= coppie + bei tramonti).

Estratto di Panorama Travel: “Quando il Meltemi soffia forte, sembra voler accordare le sartie degli yacht a vela, che gemono ritmicamente mentre si passeggia sul lungomare dove si affacciano loungebar e taverne”.

Colpo d’occhio: Barbara che, senza stampelle e quindi zoppicando, si avventura verso il mare, lascia delle impronte sulla sabbia a forma di punto e virgola.

Colpo di fortuna: Nel bagagliaio dello Stridore troviamo una borsa che, oltre a contenere un paio di Puma che non piacciono a nessuno e delle medicine che non si sa, ci regala quella che diventerà la nostra ufficiale radiolina da spiaggia. Essa è di marca sconosciutissima Kchibo ma spinge musica greca locale che mollaci.

Momento-delirio della Lonely Planet: Leggendo le specialità gastronomiche greche elencate nel capitolo “cibo e bevande” mi cade l’occhio su una pietanza assurda che dobbiamo assolutamente provare:
Mastiha: sottomarino aromatizzato al mastice, si serve in un cucchiaino immerso in un bicchiere d’acqua
(il consiglio zen vale anche per il settore alimentare: smettere di chiedersi)

E dopo l’ennesimo momento drammatico seguito da telefonata del Tenconi si decide di andare a casa a lavarsi con uno dei 15 bagnodoccia e poi uscire a festeggiare qualcosa nell’Hard Rock Cafè di Parikia (c’è chi si ostina ad asserire che esista).
Se qualcuno volesse avventurarsi nella spiaggia dove siamo stati oggi mi contatti e io sarò ben lieta di fornire l’esaustiva mappa della zona disegnata da una panettiera probabilmente in acido.

Ci riproviamo con Noussa, ore 21.00

Di nuovo belli come il sole, abbronzatura, rimmel e stavolta ci scappa anche un tacco, ci facciamo trasportare dallo Stridore a Noussa. Il posto dei divertimenti.
Quattro donne imbellettate da paura e un uomo che a breve accuserà i sintomi della sindrome premestruale, essendo entrato, suo malgrado, nell’universo donna, schiacciato da una maggioranza femminile che sopraffarrà ben presto il suo lato virile.
Giunti in loco e parcheggiato lo Stridore ci dirigiamo alla scoperta di questa località.
Per le stradine affollate di gente e di negozietti molto frou-frou, veniamo pervasi da un senso di vertigine, subito soffocato da degustazione di souvlaki innaffiato da vino retzina.
Il posto ci piace molto: se non fosse per il grande affollamento sarebbe addirittura chic.
Ma noi siamo anche molto stanchi e addirittura cominciamo a caldeggiare l’idea patetica di organizzare un’uscita-discoteca al pomeriggio visto che dopo le 23.30 (ora netta) le nostre energie cominciano a scemare.
Visto che ci siamo messi in testa di assaggiare tutte le specialità locali non manchiamo di consumare una caraffa di ouzo al bar Porto dove, uellallà, il primo figo in assoluto visto finora ci serve al tavolo. Lui ci porta da bere abbastanza imbarazzato mentre tutto il pollaio di donne ridacchia malizioso. Quindi parte una spartizione per potersi spupazzare il malcapitato (con alzata di mano tipo “prima!” “seconda!” “terza!” “quarta!”), ma poi decidiamo di passarcelo direttamente una all’altra seguendo l’ordine di disposizione dei letti (il bello, non certo per lui, è quando Simone, per non essere da meno, esclama: “quinta!”).
Silvia: - Adesso gli infilo un 20 euro nelle mutande e gli dico che sono per il taxi
Niente di fatto. Troppo stanche nonostante l’aggressività.
Il livello di barcollamento sul tacco ha raggiunto punte imbarazzanti.
Riproveremo a tornare a Noussa dopo una certa per vedere se il parterre over 30 aumenta.

Lo stridore ci ha privato dell’emozione vento in faccia. E di una Falcinella nel sedile posteriore che fa le freccie con le braccia.

VENERDI' 11 AGOSTO





foto 1- miraggio
foto 2- la tenuta ufficiale del Ghezzi-cuciniere
foto 3- solita visione di Anna Frank

Antiparos: nudismo e rassegnazione

Dalla nostra reggia all’imbarco traghetti ci mettiamo veramente poco. Giunti a Pounda mettiamo culo e Stridore su un battello che in 10 minuti attraversa lo stretto (quello della sfida) e ci porta ad Antiparos.
A detta di sconosciuta greca l’isola è abitata da gente “di un certo spessore”.
A detta della guida scritta da Mr.Planet: “basta mettere piede su Antiparos per sentirsi subito pervasi da un profondo senso di serenità”.
Sarà ma, spessore o serenità che dir si voglia, la prima cosa che cerchiamo di fare appena approdati è un tuffo in mare (causa caldazza soffocante).
Traversata tranquilla, cielo sereno e limpido come sempre (nb.: ieri in spiaggia abbiamo visto l’unica piccolissima nuvola di questi giorni, che non ha avuto nemmeno il coraggio di coprire il sole).
Io e la Falci ci arrendiamo lentamente all’idea che probabilmente la sfida su mezzo di fortuna è da accantonare. Vorremmo evitare una scena di noi due alla “Cast Away”, portate al largo di Naxos da meltemi o correnti marine. O, alla brutta, sbranate da un branco di barracuda.
Con una foga inedita cerchiamo una spiaggia.
Girato un angolo, oplà, veniamo catapultati nel meraviglioso mondo del naturismo.
Tette, culi e membri maschili. Soprattutto quelli.
Quando poi ci rendiamo conto di essere in una specie di mini deserto e senza provviste d’acqua, Simone delinea uno scenario apocalittico.
Simone: - Quando moriremo di sete, i froci prima abuseranno di me e poi i nostri resti verranno straziati dai nudisti

Io, Barbara e il Ghezzi, con una serie di bracciate, raggiungiamo a nuoto la piccola isola di Despotiko. Una cosa proprio mordi e fuggi dopo aver appurato che l’isola deserta (dal nome che è tutto un programma) è molto probabilmente un ginepraio di vipere.
Corrente d’acqua spaventosa che ci sposta lateralmente in direzione di Paros.
E dunque: sfida con la Falci su canottino, ma anche no.

Simone: - Dai Vale, mettiamoci gli occhialini e andiamo a fare birdwatching!

Eh si, la gente di “un certo spessore” è anche di un certo esibizionismo.
Va da sé che, visto l’ambientino, i doppi sensi si sprecano.

Giunge camioncino-miraggio (pare che ad una certa compaia anche un diggei lì dentro) che ci rifornisce di acqua e viveri. Per il momento è rimandata l’ora in cui i nudisti faranno un barbecue a base di noi.
Barbara ad un certo punto si alza e va a parlare con un uomo nudo (con un piercing proprio lì). Lui la asciuga con una serie di discorsi in amabile inglese e la Falci, da filantropa qual è, decide di alzarsi per andare a salvare l’amica. Ma anche lei viene ben presto risucchiata dai discorsi del tizio. Io e la Silvia, riflettendo ad alta voce, constatiamo che devono essere argomenti assai interessanti per farle andare oltre al fatto che lui è ributtante e con della ferraglia infilata in un posto improponibile.
Mentre risuonano le insopportabili risatine delle due, dal sentiero che porta in questo mondo di vergogne all’aria, compaiono gruppetti di cicciobuzzicone, romanazzi con radiolona e panini con salciccia al seguito e una serie di balordi con capelli lunghi e ricci.

L’acqua in questo momento mi permette di sopravvivere.
Non so se sia un bene.
Però l’idea di morire qui tra cazzi e racchettoni non mi piace un granchè.

Veniamo a sapere che l’uomo nudo altro non è che un maestro australiano di reiki, sa leggere la mano e, per vie traverse, probabilmente anche il futuro.
Suggerisco alla Cri di prenderlo per il piercing e di trascinarlo qui subito.
Ma il nudista qui ci viene da solo, si presenta in australiano, tenta di fare un confronto che non abbiamo capito tra due Lonely Planet uguali e appoggia il suo culo nudo sull’asciugamano di Barbara.
Quindi io resto circondata, da un lato da una specie di mistico dell’Oceania senza costume, dall’altro da un gruppetto di greci capelloni a un centimetro dalla mia postazione.
Simone è sparito, come al solito in direzione di alcuni cespugli di rovi, dopo l’ennesima dose di Dolce Euchessina.

Alla mia sinistra ciccionazza con tette alla zuava che palleggia facendosi schiaffeggiare dai seni, alla mia destra uomini nudi con cappellino da baseball, nerchia ad uncino e braccia dietro alla schiena (una posa un po’ da nonno e un po’ da “come sto a mio agio nudo, cazzo!”).
In prossimità di una rete issata nel nulla parte un partitone uomini nudi vs. uomini con boxer.

Onde agevolare la minzione, sulla strada del ritorno facciamo tappa allo “splendido” Antiparos Camping e ne visitiamo la toilette.
Campeggio di metallozzi in rebbonza da ouzo, musica heavy metal che induce al pogo già all 5 del pomeriggio, insostenibile odore di merda mista a formaggio che aleggia nell’aria (già soprannominato: lo “Shit and Cheese Camping”).
Il viaggiatore sprovveduto è avvertito: niente tenda ad Antiparos a meno di essere fan accanito di Ozzy Osbourne ed avere occlusione al setto nasale.

Giro dell’isola con l’Atos-Stridore: non saprei che dire. So solo che ad un certo punto c’era una vista magnifica e che dopo ci siamo insabbiati con la macchina.

Il prossimo che mi dice che ci sono una cifra di pecore in Grecia lo contraddirò vivacemente. Del resto non c’è proprio un bel cazzo da brucare. E anche le poche mucche che circolano, probabilmente sopravvivono a suon di schiaffoni.

Pit stop allo Yannis Cafè, ore 18.00

Leggerissimo calo di zuccheri che mi ha portato definitivamente ad intraprendere una conversazione con il mio verme solitario.
- Che faccio, te lo calo o no questo hamburgher?
- Si, dai.

Il nostro amico Yannis possiede, oltre ad un baretto sulla strip di Antiparos city, anche un computer che viene venduto come “internet point”.
Barbara da dentro tenta di convincere Simone:
Barbara: - Simo facciamolo. Cinque minuti un euro.
(non riusciamo a capire se sia un buon prezzo o no per una sveltina)

Mentre sorseggiamo le nostre Pepsi on the rocks chi ci compare all’improvviso?
Ricky, il tizio nudo con il piercing.
E mentre lui fa un paragone visivo tra il nostro look da spiaggia e il nostro look da drink, parte la perla della giornata:
Ricky: - Oh, you look very different!
Falci: - You too!

Sms della Giava:
“State trombando? Domanda del Satolli. Qui tutto bene! Voi dove siete? Avete trovato casa? Bacio, Ali.”
Sms di risposta:
“Scusa non posso dilungarmi. Stiamo trombando”

E mentre il pelato vizioso (la Falci suggerisce di chiamarlo schifoso, così si riassume il tutto) si allontana, ricompare Simone.
Abbiamo pensato tutte per un frammento di secondo che in realtà Ricky è la seconda personalità di Simone, dal momento in cui quando c’è uno non c’è l’altro e viceversa.
Sulla stradina si alternano giovinastri in tenuta balneare, vecchi fuggiti da gerontocomio tedesco e personaggi dall’inconfondibile folklore greco.

Simone mi mostra l’accendino con dotazione di pila che si è portato da casa. Fa bene ad esserne orgoglioso perché con cotanto gadget potrebbe immediatamente venir eletto capo-campeggio o capo-lupetto del meraviglioso Heavy Camping di Antiparos.

La fotta del traghetto all’agenzia: decidiamo, dopo lungo rimuginare, che la gita di domani si farà a Koufonissi. Dovremo rinunciare ad una notte di bagordi in vista di levataccia a ore 6 del mattino.

Cena a casa, trenini e maracaibo, ore 21.00

La cumpa dei festeggioni non si lascia intristire dalla mancata uscita serale. Inscena Spazio Petardo nella zona cesso-cucina-notte con danze pazze in costume da bagno, tra la doccia dell’uno e la doccia dell’altro (per il popolo della bellezza: Elvive Liss Intense non mi è piaciuto moltissimo, mentre il penultimo Badedas a destra vince su tutti).
Solita visione di Anna Frank in camera (la Falci avvolta in un asciugamano, intirizzita e immobile, capelli da pulcino spennacchiato, occhi spalancati che guardano un punto fisso nel muro).
Tra una stanza e l’altra si mixano irreparabilmente il profumo di crema passion fruit e tanfata di aglio.
Mentre vengo a scoprire che Simone è campione del mondo assoluto di ballo latino-americano (e io cintura nera di cazzate), sgamo con la coda dell’occhio la Silvia che spalma generosamente di maionese numero 20 tartine di pane.
Intanto mi viene suggerito di fare la capo animatrice-top della gamma di un villaggio. Ringrazio e declino l’invito, sapendo che potrò farlo solo quando avrò imparato a ballare adeguatamente la dancehall (Barbara farà da tutor). Devo dimenare le natiche, alzare la gamba e sorridere contemporaneamente proprio come fanno le smandrappate nei video di Sean Paul. E’ una missione.

Difetti e pregi dello scrivere stronzate su un quadernetto:
Difetti: Mentre mi arrabatto a registrare cagate nei momenti morti e nelle posizioni più scomode, mi perdo conversazioni strepitose. Alienata in un mondo di vocaboli cretini, sento risate di sottofondo e mi accorgo ogni tanto di essere elemento asociale completamente tagliato fuori dalla cumpa. E quando chiedo: “Cosa avete detto? Voglio ridere anche io!”, la risposta è di solito: “No, niente. Troppo complicato da ripetere”.
Pregi: Con la scusa di stare facendo qualcosa che, seppur idiota, appartiene al mondo delle lettere, c’è sempre qualcuno che cucina, apparecchia e sparecchia al posto mio.

Silvia: - Comunque a settembre io investo sulla Vale
Barbara: - Si, anche io la investo

Nota per l’esteta che non si lascia facilmente sfuggire le cadute di stile: La cena è stata gentilmente servita al tavolo da cameriera zoppa. Per piacere, la prossima volta facciamo star seduta Barbara perché la visione di una scionca che trascina gamba e piatti di spaghetti non favorisce l’appetito. E fa anche sentire un po’ in colpa.

Le molteplici mansioni di Simone. Uomo di casa e provetto cuciniere, tra le altre cose:
- Fa salire il livello della nostra immagine di italiani in Grecia, dal momento in cui, anche se non sono necessari, schiaffa sempre dentro ad una frase un “parakalò” e un “evkaristo” (così, giusto per essere cordiale e socievole con lo straniero)
- Ammazza scarafaggi e altre orrenderie
- E’ dotato di borsa frigo in cui custodisce bottiglia d’acqua per non farci morire di sete
- Snocciola citazioni a quanto pare tratte da un unico film. Con Leonardo Di Caprio.

L’approccione di classe A

Mentre mi fumo una paglia alla finestra nel tentativo di smaltire pasta con le acciughe e vino Meltemi (acquistato dal “nostro” Mariano Supermarket di Antiparos), involontariamente mi imbatto nella public relation più imprevista possibile.
Dico “ciao!” dal davanzale ad una tipa barcollante. Lei, prima confusa, poi tutt’a un tratto illuminata mi tende la mano entusiasta: “Oh my god! Hi! My name is Jenny, Jenny from London, how are you doin'?”
Rimango basita da tanta socialità.
Tra una presentazione e l’altra dalla finestra, invitiamo lei (la Jenny, 36enne sbevazzona) e lui (il Giuliano, 22enne calabro-australiano giovane e ben messo) a bere un glass of wine nella nostra taverna. Prima tentennano entrambi ma poi lei, da buona drunk inglese qual è, si lascia tentare dalla cosa e trascina lui nella di noi dimora. Parte mescita di vino bianco.
Dopo aver offerto due sedie condite da sottolineatura “this is italian hospitality”, lei si profonde in una serie di complimenti sul nostro look (“oh, you’re so stylish!”), nonostante ognuno di noi le faccia notare a turno che quello che sta apprezzando e considerando come capo di alta moda italiana in realtà è il nostro pigiama.
La Jenny ha una logorrea micidiale, però tra una cosa e l’altra riusciamo a carpire info utili per noi viaggiatori sprovveduti.
Dal discorso emerge che Santorini è molto bella ma le spiagge fanno cagare (addirittura lei dice che dopo un bagno in quel mare non vedi l’ora di farti una doccia “per levarti quella merda dalla pelle”) e che a Mykonos lei e il bel Julien hanno avuto divergenze sul divertimento (anche date dalla notevole differenza di età che intercorre tra i due).
Riferendosi al divertimento: “He likes it like that – (mano in alto) – I like it like that – (mano in basso)”.
Lui ogni tanto interviene per dire qualcosa ma viene prontamente zittito. La Jenny from the block c’ha un caratterino che mollami. In un certo senso noi ci sentiamo sollevati nel sapere che almeno due vicini di casa simpatici sono venuti a rallegrare l’amena proprietà di Anna Platanou. Ci dimentichiamo in un attimo dei frociazzi spocchiosi francesi, della coppietta spenta italiana e dei giapponesi con l’Atos uguale al nostro pargheggiato in giardino.
Ci lasciano i loro numerosissimi recapiti telefonici e rimaniamo d’accordo di sentirci domenica per organizzare una soireè a Noussa.
Prima di andare via ci dicono che hanno noleggiato un quad da Louki (“Louki is not lucky” facciamo presente noi) – e ovviamente sappiamo benissimo chi li ha mandati lì…- vorremmo dire tanto “mind the gap” ma ci limitiamo ad indicare le stampelle di Barbara. Molto più esplicative.

SABATO 12 AGOSTO









foto 1- spiaggia di Pouri a Koufonissi
foto 2- Barbara e Lara
foto 3- mare Koufonissi/1
foto 4- mare Koufonissi/2
foto 5- mare Koufonissi/3
foto 6- viaggio di ritorno in tutta scomodità
foto 7- Ernesto Sparalesto

Koufonissi (mare bello, facce simpa e gente inutile)

Levataccia all’alba con tanto di canto di gallo incorporato.
Mentre al porto aspettiamo la nostra nave Romilda (chiamata ovviamente in venti modi diversi, tra cui: Ubalda) che viaggia con un ritardo spaventoso, incontriamo Dimitri (anche lui ha momentaneamente cambiato nome ed è diventato: Vladimir). Sul pulmino “aziendale” e con aspetto da risacca del giorno dopo ci fa sapere che non è mai stato a Koufonissi (se è per questo non è mai neppure stato a Naxos che è ben più grave).
Gli chiediamo se ha delle camere disponibili per i prossimi giorni, dal momento in cui noi ci siamo premurati di pararci il culo solo per una settimana. Ci risponde spiacente che si, che ha qualcosa ma che quel qualcosa è abbastanza caro: - Because the fifteenth and the sixteenth are very nice days here, FUOCHI AND FIESTA.

L’Ubalda è un traghetto che con 4 fermate ci porta a destinazione.
Nota per il viaggiatore sprovveduto: non fate come noi e pagate il biglietto fino a Naxos, tanto è rarissimo che controllino il biglietto anche all’uscita
Appena saliti ci impossessiamo di una serie di poltroncine superscomode e ci addormentiamo, nessuno escluso, di sasso come previsto.
La nostra meta del giorno è una piacevole isola dalle incantevoli piccole baie, con il mare più bello e cristallino visto finora. Abbastanza spartana e assolutamente priva di luoghi di ricettività per il turismo di massa, ci regala una giornata in spiaggia degna di nota.
Ad attenderci al porto ci sono Barbara e Lara che ci ciceroneggiano alla scoperta dell’isola.
Ancora un po’ storditi dalle 4 ore di traghetto finiamo a prendere uno snack nell’unico locale artefattissimo, miami-style, che oltretutto è vivamente sconsigliato a chiunque non abbia da perdere almeno 3-4 ore per aspettare ciò che ha ordinato.
Veniamo serviti al tavolo da giovane ciccionazza greca con faccia e fare da tonta.
Simone giustamente osserva che il locale dove siamo capitati è molto probabilmente una copertura di narcotrafficanti è che la tonta in realtà è intelligentissima ma recita questo ruolo dal momento in cui è reduce da un master in Colombia.
Tempo di attesa per una serie di club sandwich: un’ora e un quarto.
Dopodichè ci dividiamo: alcuni vanno su un taxi d’acqua (quello che viene molto romanticamente chiamato caicco), alcuni a piedi. Ci ritroviamo dopo circa 40 minuti sulla spiaggia di Puri. Tutt’intorno una specie di deserto.
Scesi dal natante di fortuna alcuni italiani fanno presente: - Sembra uno sbarco di profughi di guerra
Ovviamente ci accorgiamo troppo tardi di esserci posizionati di fronte alla nudista più imbarazzante di tutte le Cicladi (subito soprannominata Backed Potato) (mi rifiuto di raccontare cosa abbiamo visto perché a tutto c’è un limite, ma chi fosse interessato ad una descrizione esaustiva può tranquillamente contattare la Falcinella che sarà lieta di fare un breve resoconto della tipa).
Non ci facciamo mancare la nostra serie di immersioni e di nuotatine al ritmo di “Polloooon…”. Dopo una nuotata con gli occhialini, tra gente in costume e gente chiappe all’aria, esclamo: “ma non c’è un cazzo da vedere!”
Falcinella: - Invece è proprio quello che c’è da vedere

Per il ritorno decidiamo di intraprendere la strada costiera. Ne valeva la pena.
L’unico neo è che la “passeggiatina”, vista la paura di perdere il traghetto per Paros, si trasforma ad un certo punto in una corsa alquanto trafelata.
Ma i greci, si sa, fanno un po’ quel cazzo che vogliono loro, e sul fronte ritardi non ci deludono mai.

L’Ubalda (people-watching e osservazioni)

Osservazioni al bar dell’Ubalda:
- I greci prima di servirti qualcosa di solito puliscono a lungo e con gran vigore degli oggetti a caso
- Ad una certa partono grandi bevute di quel famoso beveronazzo di caffè shakerato che nessuno di noi si è ancora degnato di provare
- Quando incontri qualche greco che non sa l’inglese e a cui hai posto una domanda in inglese, ti ritrovi di fronte ad uno sguardo fisso di sfida, seguito da mutismo. E tu non sai assolutamente cosa fare.
- Se ascolti un dialogo tra persone greche a dun certo punto hai la netta sensazione di aver udito, in mezzo a vocaboli arcani, anche qualche espressione in italiano ma dal senso assurdo. Invece sappi che quella è soltanto una tua allucinazione (io e la Falci siamo le regine di questo processo: l’altro giorno ascoltando la radio abbiamo udito distintamente cantare da cantante folk greco:
1. “a casa mia, davanti ad un furgone”
2. “tutti a Paros, Paros, Paros”
3. “lui me la sucava”
4. “ho la merda di traverso”
5. “ho fame” e “mignotta”

Dopo uno dei miei soliti giri di ricognizione sopracoperta torno nell’orrendo salottino dove tutti stanno cercando di dormire nelle posizioni più ridicole.
Sempre sulle orrendissime poltroncine superscomode disegnate da designer sadico e rivestite da tappezziere daltonico, Barbara è sveglia e cerca un po’ di compassione.
Mi indica il capo dei ciccionazzi di tutto il mondo che dorme a torso nudo, munito di villo ben distribuito e calzoncino militare da rappresaglia curda.
Barbara: - Questo qui scoreggia una cifra…!
Le propongo l’unica cosa intelligente da fare in questi casi, e cioè: spostarsi.
Barbara pronuncia un “tanto, ormai…” che non ammette replica.
Dopo un po’ Ernesto Sparalesto si sveglia tutto felicione con l’espressione di chi ha svuotato il serbatoio e ha dunque perso qualche centimetro di giro-vita.
Barbara è completamente narcotizzata dall’esperienza e con i capelli schiariti di un tono (potrà pure far credere in giro che è stato tutto merito del sole di Koufonissi, ma noi sappiamo che non è andata proprio così).

Decisione linguistica dell’ultimo minuto: Io e Simone abbiamo scoperto che la parola “parakalò” è una specie di passe-par-tout universale.
Funge da: ciao, buongiorno, arrivederci, bella lì, grazie, prego, pronto, noncèdiche, per piacere. E quindi la utilizzeremo ad ogni piè sospinto perché toglie da ogni genere di impasse, è molto figa da pronunciare e soprattutto per un po’ evita lo sguardo di sfida dell’uomo greco medio.
E’ un vocabolo da usare, insomma, come captatio benevolentiae.
E’ una parola che spalanca gli animi.
E noi l’amiamo.

Nota per lo smemorato di turno: ricordo che l’altra parola internazionale da usare in alternanza con “parakalò” è: “succhiamelo”.

E anche queste quattro orette di natante ce le siamo sciroppate.
Io non oso più guardarmi allo specchio.
Ogni tanto mi tasto il volto. E mi basta così.

La scoperta dell’acqua calda

Dopo giorni di docce fredde, Anna Frank, illazioni sul perché, ipotesi sul percome, illuminazioni folgoranti tipo:
“Secondo me il rubinetto dell’acqua calda è quello dell’acqua fredda eviceversa”
Oppure arrendevoli supposizioni tipo:
“Secondo me sono tutti e due acqua fredda e ci hanno inculato”
Con un po’ di nervosismo pensiamo seriamente di fare una telefonata a Dimitri e dirgliene 4.
All’improvviso, pensa ad una minaccia di qua, elabora un rinfaccione di là, buttiamo l’occhio su un contatore:
“Ti immagini se apriamo quello sportellino e scopriamo che c’è un bottone con scritto hot water?”
“Uahahahahah”
Risate generali.
Bene. C’è veramente un bottone con scritto “hot water”.
Per la felicità della Falci che neanche stasera ci ha risparmiato dalla “solita visione di Anna Frank”. E che, avendo fatto la doccia prima della luminosa scoperta, si è lanciata in una serie di improperi neanche troppo mugugnati.

I racconti del cuscino

Veniamo a sapere che la nuova morosa di Simone (parole sue) è: bassa, strabica, grassa e senza tette. E, ciliegina sulla torta: tromba male.
A seguire perplessità.
Però Simone ci tiene a precisare che lei è molto tenera e che come abbraccia lei non abbraccia nessuno.

DOMENICA 13 AGOSTO

Riunione-colazione

Appena svegli organizziamo subito una tavola rotonda e produciamo le seguenti decisioni (come al solito relativamente definitive e passibili di un milione di modifiche):
- gita a Naxos lunedì
- gita a Santorini martedì
- spostamento a Minchionos martedì
E per di più parte anche un propostone per una due giorni ad Atene dove, per spirito di democrazia, io e la Silvia ci procureremo dei lividi cadendo dall’Acropoli.
Mr. Planet stuzzica la mia curiosità con la descrizione di un ostello della gioventù gestito da filosofo socratico prestato al settore alberghiero che affitta anche posti letto su una terrazza coperta. Però non ci piace molto il Planet quando, nel tessere le lodi di rinomato festival ateniese, arriva a dire che in passato hanno suonato “addirittura” i Jethro Tull. E se questa è un’annata di merda quale deliziosa band può capitarci di ascoltare?
Io e la Falci comunque vogliamo assistere al concerto di quello che canta “a casa mia, davanti a un furgone”.

La riunione ad un certo punto si trasforma in un collettivo anarco-insurrezionalista.
Ogni due per tre l’edificio in costruzione di fianco al nostro (quello “no doors, no windows”, per intenderci) ci ispira idee balzane a partire da bbq gigante fino a rave party illegale con musica spinta da lettore mp3 e mini casse da viaggio. Ci rendiamo conto che, però, tutte queste belle iniziative che ci motivano moltissimo non rendono giustizia alla voglia di avere un articolo che parli di noi sui giornali locali.
Allora, in un clymax ascendente di rabbie represse proponiamo nell’ordine:
- di tirare una bomba carta al comando di polizia (assicurandoci che la pornopoliziotta di Simone non sia di turno)
- di avvicinarci con fare sospetto alla residenza di Anna Platanou con un sanpietrino in mano e urlare (tipo Fantozzi): “allora ci avete preso per il culo tutti questi anni!”, prima di rapire la vecchia e chiedere come riscatto una percentuale del 10% di tutto l’introito degli affitti di agosto
Con queste due mosse daremmo quindi avvio alla nuova intifada di Paros e i media non parlerebbero che di noi.

Il rimorchio è una cosa seria

Con lo Stridore percorriamo la strada che porta a Noussa (ci manca poco che Simone scenda dalla macchina e vada a deporre un mazzo di fiori o, peggio, un fascio di sterpi sul tristo luogo dell’incidente con il quad).
La fiorente cittadina del nord pullula di gioventù in top sgargianti e bermuda a fiori.
Dopo affannosa ricerca senza esito, sotto sole allo zenith, di camere e appartamenti, ci facciamo addirittura ridere in faccia, e in modo sguaiato, da ricciolona del luogo momentaneamente impiegata in piccolo bungalow punto-info quando le chiediamo se, per favore, sa indicarci qualcuno che affitta una camera per cinque.
Pare non ci sia posto neppure al camping.
Ci giochiamo allora la carta Dimitri Luxuria.
Con buona pace dei nostri corpi bollenti, delle nostre menti bollite. delle nostre insalate greche, gli estorciamo 2 camere (una addirittura dotata di balcony da cui vedere FUOCHI AND FIESTA il 15) e stavolta direttamente nell’head quarter di Anna Platanou. Un po’ come un posto in prima fila alla prima della Scala.

Mentre ci gustiamo le nostre insalate greche completamente soffocate dalle olive nel bar di fianco a quello del primo figo visto sull’isola e mentre la Falci tenta di far sgonfiare due ditina del piede schiacciate dalla Silvia che ci si è seduta sopra con una sedia (e mentre quindi vediamo girare l’ennesima borsa del ghiaccio di questi giorni), la nostra compagna di viaggio più alta e abbronzata si prodiga nella parte pratica della lezione di approccio al mondo maschile in assoluto più efficace a cui io abbia avuto l’onore di assistere.
Prendere nota.
Scatta fotografia a tre manzi seduti tre tavoli più indietro, assicurandosi di essere vista.
Commenta compiaciuta le foto alternando sguardi alla macchina fotografica e sguardi ai tre manzi. Che dopo solo tre secondi ricambiano le occhiate e ridacchiano orgogliosi facendo finta di leggere il giornale.
I tre tizi sono nell’ordine: il sosia greco di Fabio Galante, un abbastanza anonimo “barbetta” e un super trucido zeppo di cicatrici (la nostra immaginazione ci porta a pensare che probabilmente siano state prodotte dai conflitti a fuoco che lo hanno visto in prima linea negli ultimi anni).
Ovviamente parte spartizione preventiva dei tre. Numero mai stato così perfetto visto che la Falci, con il suo rifidanzamento a distanza, si è automaticamente tagliata fuori da ogni schermaglia amorosa estiva.
Risatine, risatone, finche il tizio con la barba di tre giorni viene al nostro tavolo e chiede di visionare le foto. Missione compiuta.
In breve si presenta (nome: Kostantino, esemplare di uomo ateniese laureato in economia e commercio all’Università de L’Aquila), mentre gli altri due, ancora seduti al loro tavolo, perseverano nella finta lettura del giornale (nessuno ha controllato ma probabilmente i quotidiani erano anche al contrario).
Ci pensa la Barbara ad abbassare il livello della conversazione quando Kostantino si assenta un attimo e ritorna con un’aspirina (indice del fatto che i tre, che sono “ovviamente” italo-greci, hanno sentito e compreso perfettamente tutti i nostri discorsi sulla sindrome premestruale della Silvia e anche tutti i nostri commenti del cazzo su di loro).
Barbara: - No la Silvia non ha la febbre, è che…ha problemi di mensilità
Silvia: - Detto così sembra che sono incazzata perché non mi è ancora arrivato lo stipendio
Il Kosta cala il suo numero di telefono e ci diamo un mezzo puntello alla playa di Santa Maria.

In tutto ciò Simone:
- da un lato evita che mandrie imbufalite di uomini in calore si gettino su di noi (l’ottimismo è il sale della vita…) dal momento in cui instilla il dubbio che potrebbe essere il fidanzato di una di noi, ma di chi non si sa.
- Dall’altro cerca di fornire il punto di vista maschile di ogni situazione, e direi anche inutilmente dato che le donne sono comunque avanti e gli uomini producono pensieri di livello standard

Simone: - E dunque voi non avete la stessa ricettività del mio basilico quando lo innaffio al pomeriggio…

La spiaggia di Santa Maria e l’aggeggio infernale

E finalmente si videro i gggiovani.
La spiaggia molto cool dal nome ecclesiastico ci si para innanzi come una distesa di corpi ambosesso unti di monoi.
Ambiente variegato finalmente over 30, un po’ riccione-bene e un po’ copacabana de noantri. Visto il volume della musica del beach-bar possiamo permetterci di nuotare a ritmo, scansando ogni tanto una delle due milioni di pallette per racchettoni che volano in giro e che anche qui non mancano di rompere il cazzo (nb: sport nazionale dopo gli scacchi, il backgammon e lo sguardo di sfida).
Ad un certo punto decido di deliziare il palato del mio verme solitario (che adesso ha anche un nome: Zorba il greco) con il gelato confezionato più mastodontico mai prodotto dall’industria dolciaria.
Intanto Kostantino telefona ma non ottiene risposta.

La canzone dell’estate: rappresentata da pezzo-discoteca composto da parte instrumental (cavallone per impizzoni dal ritmo che conquista) e ritornello in cui una giovane donna in un clymax di ansimi raggiunge l’orgasmo.
Vorrei tanto chiedere ad un diggei di mettere il mio pezzo preferito, ma, non sapendone il titolo, mi imbarazza un po’ canticchiarla per far capire qual è.

Raccogliamo sul far del tramonto pareo e burattini e passiamo di fianco ad uno di quei punti rentsomething che affittano vari ammenicoli d’acqua unitamente a windsurf, e che non si trovano solo in California.
Mentre quella baccagliona della Silvia, capito che il suo metodo funzica, scarica un rullo su più o meno prestanti istruttori Isef prestati alle diavolerie acquatiche, io e la Falci ci troviamo improvvisamente, e senza capire bene il perché, a firmare un contratto in cui decliniamo da ogni responsabilità in caso di morte colui il quale, con un motoscafo impazzito ci trascinerà su una specie di ciambella mortifera (nome tecnico: tube).
All’impresa si aggiunge il Ghezzi.
Prima di salire su quel robo delirante vengo prima assalita da fremiti d’ansia. Poi subito dopo mi chiedo perché le idee del cazzo partano sempre da me.
Io non ero così una volta. Odiavo pure le giostre.

Io: “Uh, vi avverto che su quel robo io urlerò come un tacchino che stanno strozzando”

Punti di vista esterni all’impresa.
Punto di vista della Barbara: “Mentre Simone sembra seduto sul cesso a rollarsi una sigaretta, la Falci è un tutt’uno di nervi e muscoli tesi a tenersi alle maniglie per non cadere in acqua e finire tritata dal motore dello scafetto. Valenta: gambe tese in avanti, piede contratto e faccia deformata dalle urla costanti e agghiaccianti per tutti i 15 minuti del giochetto.”

Punto di vista della Silvia: “Sono stati i 15 minuti più lunghi della vacanza, sospesi tra il divertimento tanto anelato e la paura di perdere i miei compagni di viaggio.
Tre ciambelle ripiene e impazzite nelle mani di un sadico Antonis che alla fine di tutto ha la faccia tosta di affermare che non si è divertito abbastanza. Comunque dopo le urla, le botte prese, i mancati capottamenti la Vale ha il coraggio di chiedermi se sono riuscita a fotografare i momenti in cui è riuscita a sfuggire alla morte.”

Punto di vista interno, di me dentro al ciambellone: Il motoscafo parte abbastanza lentamente, lasciando a noi tre menti suicide il tempo di tenerci la mano un’ultima volta.
Poi, improvvisamente, senza essere riusciti a sgranare il rosario per ancora due giri, veniamo trainati a velocità improponibile (direzione: Naxos). Tutto a posto (oddio: un trapianto di reni ci stava tutto) finchè ogni ciambella, saltando sui giganteschi cavalloni della scia lasciata precedentemente dal motore a un miliardo di cavalli dello stesso motoscafo, seguiva la sua corsia.
Il problema vero era quando cominciavamo a balzare uno sopra l’altro.
Non dimenticherò mai il momento in cui un ciambellone ripieno di Falcinella a velocità supersonica si è alzato in aria venendosi a scagliare contro il ciambellone ripieno di me. Che credo di aver definitivamente messo fuori uso una corda vocale a furia di urlare (non potrò più purtroppo, mi dicono, cantare una canzone con un “sol” dentro).
Quel figlio di mignotta di Antonis dal motoscafo si faceva beffe di noi scommettendo chi sarebbe stato droppato in acqua per primo. Ma nessuno è caduto.
Io però ho lasciato sul diabolico gonfiabile due pezzi di gomito.

La nostra amica Silvia (poi soprannominata “la profumiera” perché non la da ma la fa annusare), mentre noi aspettavamo con ansia di morire per non prolungare l’agonia, è riuscita a fare delle pr micidiali e a volantinare il suo numero di cellulare anche sul motoscafo che ci trainava. Magari questi sono pazzi maniaci e stupratori seriali però hanno quel che da istruttore di qualchecosa che piace tanto a noi donne.
Mi duole constatare che lei abbia praticamente approcciato tutta l’isola di Paros tranne il secondo figo ufficiale avvistato fin’ora.
Datti da fare che io sono pigra.

La cumpa sportivona ci saluta, noi 3 coi bacini fracassati arranchiamo, la zoppa fa punti e virgole sulla sabbia, la figa di Parigi in pareo dà appuntamenti, prende biglietti da visita, fa gli occhi dolci (completamente dimentica dei suoi problemi di mensilità).
Pochi metri più in là e, oplà, partono una serie di cuba libre (è definitivamente chiuso il periodo in cui ordinavamo un’acqua, una coca e una birra).
In questo posticino molto on the beach troviamo anche l’energia di scattarci delle foto molto buddha bar.
E poi, via, a casa ad usufruire per l’ultima volta del pulsante “hot water”.

Terza sera a Noussa (perseverare diabolicum est)

Belli come il sole, anzi, più del sole ma purtroppo fisicamente conciati un po’ di merda, prendiamo lo Stridore e ci scagliamo per la terza sera a Noussa.
Ottimi proponimenti: “Ah, stasera cena della madonna e stavolta con un tovagliolo di stoffa, qualche drink e poi ballo pazzo in disco”.
Ma ‘ndeche.

Nonostante sia mezzanotte non si trova un tavolo libero.
Quindi, per non venire dilaniati dai morsi della fame, finiamo nella solita tipicissima rosticceria con tovaglie di carta a mangiare l’ennesimo gyros pitta (che ormai chiamiamo con livore “il rotolo ‘emmerda”).
Quella roba lì e il vino ci forniscono un abbiocco fenomenale.
E dunque sfumano un’altra volta i divertimenti.
Nonostante si siano fatti vivi con proproste più o meno porno, Kostantino, Lefteris e la Jenny from the block.
Piovono pacchi su Noussa.
Torniamo a casa arrancando.

L’evento più ripreso dopo l’11 settembre

A casa mi rendo conto che la CocaCola che ho bevuto durante il tragitto mi sta per offrire la possibilità di fare il rutto più potente della mia vita.
Avviso i compagni, che mi dicono di voler assolutamente documentare la cosa, che il rutto in fieri ha tutte le carte in regola per diventare evento.
Con mia grande perplessità però il rutto svanisce nel nulla (“non mi era mai successo, io ho sempre ruttato liberamente”) mentre mi accorgo di avere puntati addosso strumenti tecnologici di ultima generazione.
Simone per una buona mezz’ora mi dà invano dei colpetti sulla schiena come si fa coi bambini.
Nb.: tutto ciò è stato detto come giustificazione di n video che circoleranno sul web di me, sopraffatta da un rutto che non esiste.