



foto 1- il Pireo visto dalla nave
foto 2- il Pireo visto dal Boston's
foto 3- la Valenta alla stazione di Omonoia
foto 4- la Falci-pankastra
Superfast and furiousNotte tutto sommato pessima. Vuoi a causa del pavimento che ha irrimediabilmente ridotto la schiena ad un’asse di legno, vuoi per colpa di un simpaticissimo gruppuscolo di giovanotti francesi che ha cantato per tutto il tempo ad intermittenza (e che sarebbe stato un bene corcare di mazzate all’improvviso e violentemente).
Risveglio con un cappuccino che costa l’equivalente di un pranzo in un paese mediamente civile. Acquisto di cartina-lenzuolo della Grecia che ci ha fornito importanti delucidazioni sulla geografia dell’arcipelago che ci attende. Cartina-pregio che è appena stata prestata al sosia di Saddam Hussein.
Morale: qui tutta gente per bene. Zero facce brutte.
Angel Merda pare che abbia una cumpa. Stamattina lui e i suoi splendidi amici dal volto rassicurante hanno continuato le trattative per l’acquisizione del bracciale della Falcinella, intraprese ieri dal nostro. E, visti i gesti bruschi e i monosillabi, pareva proprio di stare in borsa. Comunque, che si sappia, la Falci non molla i monili.
Però l’Angel con quel suo fare un po’ boro e sprezzante, tipico della caparbia gioventù rumena, esercita un’attrattiva su di noi inspiegabile.
Unitamente ad un moto di schifo che si, che ci spieghiamo.
“Finish, finish, finish”. Questo è quello che il barman del discobar, addetto pure alla vendita di tickets di pullman, nonché scontrinatore pazzo, sa dire quando gli chiedi i biglietti per il Pireo. O, arrivate al porto, riusciamo a recuperarne tre, oppure dobbiamo entrare nell’ordine di idee di passare le vacanze in quel di Patrasso. Convincendoci che è terra di antichi miti, patria di eroi virtuosi, luogo dove la cultura classica si respira fin dal porto.
Quindi, riassumendo: oltre a mangiare in orario (cfr.: Happyend) è bene chiedere i biglietti del pullman per il Pireo appena messo il culo sulla nave.
Silvia: - Ragazze, vedo la costa, siamo quasi arrivate! E la parte prima, quella organizzata è stata completata. Da qui in poi adesso è solo culo.
Terra all’orizzonte. E che gli dei dell’Olimpo ce la mandino buona.
Spiace solo doversi accomiatare da Angel Merda.
Ma la vita è così. Fatta di approdi, arrivi, partenze. E gli arrivi si fanno sempre desiderare.
L’altoparlante intanto ci delizia con l’ottimo e internazionale Gigi D’Alessio.
Sedute ad anfiteatro sembriamo la commissione giudicatrice di un concorso di bellezza.
Ma la bellezza qui latita.
Il più bello, a voler essere generosi, ha tutta l’aria di essere uno scafista. E non siamo sicure che sia dotato di tutti gli incisivi.
Mai vista tanta gente brutta tutta insieme.
Stiamo assistendo ad una passerella da incubo.
La Falci deve smetterla di agitare gli arti superiori, da uno dei quali spicca il bracciale conteso. E deve essere contenta del fatto di non essersi svegliata senza una mano, tranciata nottetempo come invece avevamo pronosticato.
La Silvia mi mostra tutta soddisfatta una foto di me che dormo con un’inquietante espressione del volto e una fascia da notte taleban-style. Le ricordo, giusto per essere pari, che quando mi sono svegliata e l’ho vista che stava cercando di levarsi un bulbo oculare dalla sede, nel tentativo di sistemare una lente a contatto birichina, sono stata percorsa da brividi di orrore. Sull’onda del rinfaccio, faccio notare alla Falci che lei, invece, dorme con la bocca aperta (e una specie di bavetta tipo scia di lumaca al lato della bocca).
Pullman diretto ad Atene, ore 14.40Dopo aver cercato informazioni in giro e ottenuta risposta inadeguata, siamo giunte alla conclusione che la migliore delle opzioni possibili era mettere il culo su questo autobus (con le poltrone stranamente comode, non c’è che dire) diretto ad Atene e da lì prendere la metrò per il Pireo.
Nota per la Falcinella: il Pireo è dunque il porto di Atene e non “un paesino sulla costa”.
Checchè ci fregiamo di conoscenze di svariata natura, la geografia no, non la fa da padrona.
Però sappiamo che siamo dirette a Paros.
Che Paros è un’isola, che la Grecia è tutto un rifiorir di isole, che noi umani in fondo siamo un po’ come delle isole.
Così ci lasciamo questa Patrasso alle spalle.
E’ Grecia ma se non fosse per le insegne parrebbe di stare sulla paullese.
Un cartellone ci informa del fatto che Patrasso è la capitale mondiale della cultura 2006.
Altro che patria di eroi virtuosi. Qui si raccontano una cifra di bombe.
La Silvia dopo trenta ore di viaggio e relativa esperienza con la sua nuova macchina fotografica, mi chiede di annotare che è ufficialmente passata al digitale.
Io, invece, sto seriamente pensando di scrivere una lettera al Corriere perché questa strada è piena di buche.
Un momento di follia:
Silvia: -Quindi c’è questo pullman, un altro traghetto e poi basta? Io non ci sto!
Per scacciare la noia del momento mi sono messa a fotografare la Falci che dorme ciondolando a destra e a manca nel sedile di fianco all’autista. Quello, per intenderci, dove si siedono i bambini che di solito vomitano sul pullman.
Abbiamo dunque due foto di lei che dorme, ottenute anche grazie alla partecipazione divertita di altri passeggeri. Ricordiamoci che quelle sono due foto corali.
Guardando la cartina della Grecia mi sono resa conto adesso che mi stava sfuggendo completamente la natura dei paesaggi che ci scorrevano e che ci scorrono tutt’ora di fianco.
Stamattina abbiamo sfiorato Corfù e Itaca. Adesso passeremo per Corinto, Megara (accidenti che vergogna…chi era nato a Megara? Vuoto mentale di cui non vado affatto fiera perché so essere personaggio fondamentale della cultura classica) e di fronte all’isola di Salamina.
Il pensiero è andato immediatamente alla Giavazzi e alla nostra prof di greco del liceo. E’ dunque partito sms con un complice e sincero “Fuck Rigamonti”.
Metrò di Atene, ore 17.30Dalla stazione dei bus di Atene siamo catapultate in un certo qual caos. Dopo la visione mistica dell’Acropoli dal finestrino del pullman ci viene l’idea, che dura molto poco peraltro, di andare a vedere il tempio, avendo queste tre ore e mezzo di buco che proprio non ci vanno giù. Il ragazzo dell’edicola è un po’ la manna dal cielo. Grazie a lui capiamo che qualsiasi cosa decidiamo di fare dobbiamo prendere il bus 051 e scendere in piazza Omonoia. Da questa piazza pare che ci sia la metrò che porta ovunque (Galaxyiiiii…!).
Sul bus ritroviamo la cumpa di Imola conosciuta a Patrasso (dove, è importante dirlo, non ho acquistato il cappellino con scritto “Patrasso” perché non esiste, visto che il nome corretto è “Patra” e non ha lo stesso suono ridicolo).
Scese dal bus, Atene si mostra in tutto e per tutto uguale a Milano. Pure peggio.
Dopo che dal pullman io e la Silvia siamo riuscite a scorgere qualcosa di molto simile al cavalcavia di viale Certosa e un’urbanistica copiata tale e quale a Buccinasco, ci troviamo a camminare tutt’a un tratto in viale Vitruvio.
Superfluo dire che, una volta dentro alla metrò, la sensazione di stare sulla verde che porta a Cologno (Cimiano, Crescenzago, Cascina Gobba…) ci ha invase. Anche se eravamo dirette al Pireo.
Dialogo tra di noi:
- In Grecia ci sarebbero le leggi, il fatto è che non vengono applicate
- Ma avete visto in autostrada i tre tizi sulla stessa moto senza casco?
- Ma no, erano in 4, tu non hai visto ma c’era un bambino molto piccolo schiacciato in mezzo
Happy Hour al Cape Town del Pireo (il Boston’s), ore 19.30La Falci contatta il nostro Dimitri adorato.
L’uomo-vacanza affittacamere e problem solver a 360°.
Ogni volta che la Falci parla con Dimitri entra in un altro personaggio. Diventa improvvisamente Cristiana (a lui piace chiamarla così), donna fatale e ammaliatrice (nb,: vamp che quando fa pensieri impuri si morde il labbro inferiore…dopo due giorni di viaggio ce l’ha già tumefatto). Una serie di botta-e-risposta telefonici assai concitati dal momento in cui approderemo a Paros di notte, in anticipo e senza sapere dove andare a dormire.
Cristiana Falci riesce infine a strappare a Dimitri una cosa come una stanza “senza cesso, senza letti ma con i materassi” (?).
Dimitri: - Perche maybe sarete stanche.
(E noi pensiamo: - Puoi scommetterci dude!)
Ricevo intanto un sms di mammà: “Ti mancano solo i fagioli crudi nelle scarpe”.
Con un grammoatomo di energia (sono in un’altra dimensione, non dormo da due notti, vedo tutto storto, ho la personalità scissa e borderline, l’occhio tipo triglia in agonia, i vestiti incollati che penso proprio non riuscirò a togliere più…anzi penso che ci cresceranno direttamente i peli sopra) mando un sms alla Giavazzi:
“Visto che è saltato l’aftershow di Madonna e hai tempo libero, smanetta su Internet e scrivici l’incipit della canzone di Pollon. Io e la Falci siamo distrutte da questa dimenticanza. E non per il viaggio.”
Nave Bluestar, categoria “happy”, ore 21Siamo buttate per terra come tre stracci, su un ponte esterno affollatissimo e in un punto di passaggio.
Silvia: - Attenzione, nonna con passeggino!”
(vecchia con stizza in bocca e fare da incarognita)
Una serie di stronzi, di cui da questa altezza (il pavimento) vediamo solo culi, ci si è parata dinnanzi impedendoci:
- di allungare le gambe
- di vedere il paesaggio
ma consentendo alla Silvia:
- di fotografare culi
Versione definitiva della canzone di Pollon, confermata via sms dalla Giava:
“Sulla cima dell’Olimpo c’è una magica città,
gli abitanti dell’Olimpo sono le divinità
e lì c’è una bambina che ancora dea non è
è simpatica e carina, Pollon il suo nome è…”
Dopo cena maiala-fast-food servita dall’uomo più brutto del mondo e consumata sul ponte esterno, per terra, davanti ad un bicchiere vuoto un torsolo di mela un mozzicone di sigaretta, ci rendiamo conto lentamente ma inesorabilmente di essere passate dal livello “schifosa” al livello “putrida” in una sola ora.
Però ho appena fatto presente alla Silvia, che mi ha conosciuto in questo frangente eccezionale, che di solito sono molto più carina di così.
Dopo essermi guardata nello specchio del cesso (nb,: cosa da non fare mai a questo punto del viaggio, prendere nota) la spia dell’autostima si è accesa e, lampeggiando, mi comunica che molto probabilmente non tornerò più la persona spensierata e solare di prima.
L’unica cosa che mi resta da pensare è che se dovessi mai rimorchiare qualcuno adesso, bene: sarebbe amore vero.
Dietro di noi c’è la sala mensa dell’equipaggio della nave. Manca il nano ed è Love Boat.
Dentro, invece, mi permetto di riassumere l’accozzaglia umana (nave sicuramente caricata 10000 volte in più della sua effettiva capacità) in tre punti:
- un po’ oratorio di Pessano con Bornago
- un po’ Bar dello Sport di Milano Marittima
- un po’ centro sociale imprecisato (girano pure dei “colonnelli” che mollami)
La Silvia fotografa la luna e tutta soddisfatta mi mostra il risultato.
Le rispondo che vista così potrebbe essere tranquillamente un pixel bruciato.
Si deprime un po’.
Situazione Falcinella: simil-pankabbestia accasciata sul mio zaino, schiumetta lato bocca, un sottile strato di cornea che si intravede tra le palpebre, capello unto a coprirle completamente il volto (praticamente Laura Palmer appena scartata dal cellophane).
E dunque, eliminata una concorrente per abbandono del gioco al massacro, rimangono in gara due rottami di donna.
Che vinca la migliore, cioè chi sviene per ultima.
Constatazione dell’ultimo minuto: quella “lingua strana” che continuiamo a sentire da ieri pomeriggio è ufficialmente il greco.
Constatazione dell’ultimo secondo: per l’umidità, oltre alla frangia, mi stanno diventando “a pecorella” anche le pagine di questo diario.
Abbiamo la certezza che tutti quelli che in questo momento stanno ridendo e/o festeggiando, o che comunque conservano ancora un aspetto quantomeno presentabile, sono reduci da un viaggio in aereo.
Pezzi di merda.
Momento info utili al viaggiatore sprovveduto: non si sa bene se effettivamente al porto delle isole i pescatori assalgano i turisti proponendo caratteristiche casette bianche ricoperte di glicine, così come recitano le leggende metropolitane.
Sappiamo però per esperienza personale che personaggi attempati e di dubbia moralità ti si strusciano addosso già sulla nave offrendo camere.
E tu non capisci in che senso.
Cronaca di 10 minuti di people-watching sottocoperta:
- uomini e donne sdraiate per terra che sembrano homeless ma che invece sentiamo come pari (essendosi annullata qualsivoglia gerarchia e/o distinzione sociale e/o pregiudizio etnico)
- il salone dei ricchi (e dei vecchi) che soggiornano in poltrone direzionate (tutte e ventimila) verso uno schermo al plasma piccolissimo che trasmette un film di kung-fu doppiato in greco (e sottotitolato probabilmente in rumeno)
- un’allucinazione: giapponese stiloso con portatile sulle ginocchia e cuffie megafighe che ondeggia a ritmo di musica (tutt’intorno scenario da Apocalypse Now post-bombardamento al napalm)
- un livello di confidenza generale nei confronti del luogo pubblico in quanto tale che porta la gente a: assumere posizioni per cui in situazione normale si vergognerebbe da morire, portarsi da casa lenzuola ricamate e con le cifre, aprire brandine ingombranti tra un tavolino e una sedia del fast food, dormire per terra sopra all’asciugamano degli ospiti scansando con il piede bottiglie di birra semivuote.
E c’è ancora qualche tipa che a quest’ora, in questo osceno marasma, con quest’odore di fogna, questo umido di fondo, questa stanchezza devastante, questa mancanza di dignità umana che ci circonda, questa follia che dilaga, che osa passarmi davanti e atteggiarsi da “carina”. Fuck.
Attendiamo con ansia che la vocina dell’altoparlante pronunci la parola “Paros” ed il verbo “arrivare” coniugato al tempo presente. Va bene anche in greco.